Commesse pagate 6 euro l’ora e costrette a lavorare tutte le domeniche: la denuncia choc

Commessa, Parma, commesse pagate 6 euro l’ora e senza domeniche libere: "Punite per aver chiesto solo rispetto" -Unita.tv
A Parma, alcune commesse interinali denunciano condizioni di lavoro difficili: 6 euro l’ora, domeniche obbligatorie e ritorsioni dopo aver chiesto orari più equi.
Nel silenzio ovattato dei negozi aperti la domenica, in fondo ai corridoi di un centro commerciale della provincia di Parma, c’è chi lavora a testa bassa per poco più di sei euro l’ora, senza tutele, senza prospettive, senza un contratto stabile. Le addette sono impiegate tramite agenzie interinali, non assunte direttamente dall’azienda, ma chiamate a svolgere le stesse mansioni: accoglienza clienti, sistemazione dei capi, gestione degli spazi di vendita. Il tutto, spesso, senza mai una domenica libera.
Lavoro precario e turni festivi obbligatori: la voce delle lavoratrici
Il caso è stato raccolto dal sindacato Ugl Terziario Parma, che ha dato voce alle denunce — rigorosamente anonime per timore di ritorsioni — di alcune commesse part time, impiegate con contratti da 30 ore settimanali. Lo stipendio netto a fine mese si aggira intorno ai 900 euro, con turni da sei ore al giorno che spesso ricadono su tutte le festività, comprese le domeniche.
“Lavoriamo ininterrottamente anche nei giorni di festa, senza quasi mai un riposo,” raccontano. “Il problema non è il lavoro in sé, ma l’impossibilità di vivere la vita familiare, specie per chi ha figli o anziani da accudire. Chiedere almeno una domenica libera al mese non dovrebbe essere un lusso.”
A fronte di una semplice richiesta di mediazione sugli orari, la risposta — dicono — è stata fredda, dura e punitiva. “Ci siamo sentite attaccate per aver provato ad avviare un dialogo,” spiegano. “La proprietà ha chiuso ogni possibilità di confronto, imponendo un atteggiamento rigido e distante, quasi che parlare di diritti fosse un capriccio”.
Contratti interinali e disparità: “facciamo lo stesso lavoro ma senza tutele”
Un aspetto ancora più critico riguarda la natura dei contratti. Molte lavoratrici, pur svolgendo identiche mansioni dei colleghi assunti direttamente, restano dipendenti di agenzia interinale. “Facciamo esattamente lo stesso lavoro degli altri,” denunciano, “ma non abbiamo gli stessi diritti né lo stesso trattamento“. In alcuni negozi la percentuale di addetti non assunti direttamente supera addirittura il 50%.
Il rischio di non vedersi rinnovare il contratto diventa così una leva di ricatto implicita: anche solo chiedere una revisione dei turni può costare caro. “Ci è stato fatto capire che dobbiamo solo lavorare e non fare domande,” affermano. “Ma questo atteggiamento non è accettabile, perché va contro ogni principio di dignità del lavoro“.
La situazione descritta non è un’eccezione isolata. Già a gennaio erano emerse condizioni simili in altri centri commerciali della provincia, ma ora a preoccupare è l’evoluzione del contesto: un clima di paura e rassegnazione, in cui anche una richiesta legittima può trasformarsi in un problema.
Tra giornate festive non retribuite con maggiorazioni adeguate, turni imposti e nessuna possibilità di crescita, ciò che resta è un senso diffuso di frustrazione e solitudine. Eppure, tutto questo accade ogni giorno, nei luoghi dove si entra per comprare, non per vedere da vicino la fatica che c’è dietro ogni sorriso alla cassa.