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Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Recenti studi condotti dalla Cgil rivelano una situazione preoccupante per i lavoratori del settore privato in Italia. Secondo i dati, il 62% dei dipendenti privati guadagna meno di 25mila euro all’anno, un dato che evidenzia le difficoltà economiche che molti italiani devono affrontare. L’analisi si concentra sui 17,4 milioni di lavoratori privati che hanno avuto almeno una giornata di lavoro nell’anno, includendo anche coloro che hanno lavorato solo per brevi periodi o in modalità part-time.

I dati sui salari nel settore privato

I numeri emersi dallo studio sono significativi. La media delle giornate lavorate nell’anno è di 246. Tra i lavoratori con contratti a tempo indeterminato, inclusi i part-time, il salario lordo medio si attesta a 28.540 euro. Al contrario, i lavoratori con contratti a termine, sempre considerando i part-time, registrano un salario lordo medio di soli 10.302 euro. Questo divario retributivo è particolarmente preoccupante, soprattutto se si considera che:

  1. I lavoratori full-time, che includono sia contratti stabili che contratti a termine, percepiscono uno stipendio medio di 29.508 euro.
  2. I lavoratori part-time guadagnano mediamente 11.782 euro.
  3. I lavoratori che si trovano a cumulare contratti a termine e part-time subiscono una doppia penalizzazione, con un salario lordo annuale medio che scende a soli 7.100 euro.

La Cgil mette in evidenza come il ricorso al part-time e ai contratti a termine, insieme alla forte discontinuità lavorativa, contribuiscano a un abbassamento complessivo del salario lordo annuale medio.

La bassa retribuzione oraria in Italia

Un ulteriore aspetto da considerare è la bassa retribuzione oraria in Italia. Nel settore privato, escludendo i lavoratori domestici e gli operai agricoli, si stima che circa 2,8 milioni di lavoratori dipendenti si trovino nei primi due decili della distribuzione salariale, con una retribuzione oraria inferiore a 9,5 euro. Questo dato diventa ancora più allarmante se si escludono i circa 400 mila lavoratori che, nel mese di ottobre 2023, si trovavano in maternità, malattia o cassa integrazione. Escludendo queste categorie, restano circa 2,4 milioni di dipendenti che vivono una condizione strutturale di retribuzione oraria inferiore ai 9,5 euro.

Tra queste categorie di lavoratori, gli apprendisti, i dipendenti con contratti a termine e coloro che operano nelle piccole imprese rappresentano una fetta significativa. È importante sottolineare che i lavoratori a tempo parziale e gli stranieri hanno una rappresentanza nettamente superiore nei primi due decili rispetto al totale dei dipendenti. Questi fattori contribuiscono a un quadro complessivo di precarietà che colpisce in modo particolare le fasce più deboli della forza lavoro.

Miglioramenti e sfide future

I dati forniti dall’Osservatorio Inps, sui quali si basa l’analisi della Cgil, mostrano anche un leggero miglioramento nella situazione retributiva. La percentuale dei lavoratori dipendenti del settore privato con retribuzioni inferiori a 25mila euro è diminuita dal 65% del 2022 al 62,7% nel 2023. Tuttavia, questa riduzione non è sufficiente a risolvere i problemi strutturali del mercato del lavoro italiano e non deve far dimenticare le sfide che ancora persistono.

La Cgil, sindacato di riferimento per molti lavoratori, continua a richiamare l’attenzione sulle problematiche legate alla precarietà lavorativa e ai salari insufficienti. La contrattazione collettiva e le politiche di sostegno al reddito sono strumenti fondamentali per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e garantire una retribuzione dignitosa.

In un contesto economico complesso, in cui l’inflazione e il costo della vita continuano a crescere, è fondamentale che le istituzioni e le imprese si impegnino a garantire salari equi e condizioni di lavoro migliori. La lotta per la dignità dei lavoratori e per la giustizia sociale deve rimanere al centro del dibattito pubblico e delle politiche economiche.

La questione salariale in Italia non è solo un problema di numeri, ma riguarda la qualità della vita di milioni di persone. Le scelte politiche e economiche degli anni futuri dovranno necessariamente porsi l’obiettivo di garantire un lavoro di qualità e retribuzioni adeguate, affinché ogni lavoratore possa vivere dignitosamente del proprio lavoro e contribuire attivamente alla crescita del Paese.

In questo scenario, è fondamentale che i lavoratori stessi si mobilitino, unendosi per rivendicare diritti e miglioramenti, attraverso la partecipazione attiva nelle organizzazioni sindacali e nei processi di contrattazione. Solo attraverso un’azione collettiva sarà possibile fare fronte alle sfide attuali e costruire un futuro lavorativo più equo e sostenibile per tutti.