Serebrennikov esplora l’orrore del mondo di Mengele nel suo nuovo racconto

Serebrennikov esplora l'orrore del mondo di Mengele nel suo nuovo racconto
Un anno fa, Kirill Serebrennikov, il noto regista russo, ha fatto il suo trionfale ritorno alla Croisette con il film “Limonov”, accolto con entusiasmo dal pubblico. Quest’anno, Serebrennikov ha nuovamente calcato il prestigioso red carpet del Festival di Cannes per presentare il suo nuovo lavoro, “La scomparsa di Josef Mengele”. Questo film, carico di significato e di denuncia, ha visto il regista ricevere la Legion d’Onore francese, un riconoscimento che sottolinea il suo impegno artistico e la sua resistenza in un contesto difficile, avendo vissuto l’ingiustizia di una condanna a tre anni di carcere in Russia e trovando rifugio a Berlino.
la trama di “la scomparsa di josef mengele”
Il film, tratto dal bestseller di Olivier Guez pubblicato da Neri Pozza, è una pellicola on the road che segue la fuga di Mengele in Sud America all’inizio degli anni ’50. Conosciuto come l’“angelo della morte”, questo medico scienziato è tristemente famoso per gli esperimenti disumani condotti sui deportati di Auschwitz, in particolare sui gemelli, sui bambini, sui rom e sui disabili. La narrazione di Serebrennikov si sviluppa seguendo il triste peregrinare di Mengele, una figura che incarna l’orrore del nazismo e delle sue atrocità, braccato dai fantasmi del suo passato e dalla giustizia che lo perseguita.
un cast eccezionale
Il personaggio di Mengele è interpretato dal talentuoso attore tedesco August Diehl, noto per i suoi ruoli in film come “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino e “La vita nascosta” di Terrence Malick. In “La scomparsa di Josef Mengele”, Diehl riesce a cogliere l’essenza di un uomo che, nonostante la sua vita in fuga, non abbandona mai le sue convinzioni razziste e le sue teorie pseudoscientifiche. Serebrennikov racconta il suo esilio in Sud America, dove Mengele vive come un fuggitivo, ma mai del tutto in pace, sempre in movimento e sempre pronto a scappare.
un’analisi profonda del male
Josef Mengele, originario di Gunzburg, in Baviera, proviene da una famiglia benestante e, come molti dei suoi contemporanei, crede fermamente nella teoria del razzismo biologico. La sua carriera ad Auschwitz lo ha trasformato in un simbolo del male, ma nel film di Serebrennikov viene mostrato anche il suo lato umano, seppur distorto. Mengele, che in Sud America si nasconde sotto false identità tra Argentina, Paraguay e Brasile, diventa parte di una comunità di rifugiati nazisti, vivendo in un ambiente di nostalgia e di riti oscuri.
La vita di Mengele è rappresentata in un’estetica in bianco e nero, che sottolinea la desolazione della sua esistenza post-bellica. Solo in alcuni flashback, i colori riappaiono per rivelare la sua giovinezza come scienziato, mentre le sequenze che ricostruiscono gli orrori di Auschwitz si tingono di toni lividi e inquietanti. Serebrennikov non si limita a raccontare la vita di un uomo, ma si confronta con la memoria collettiva di un’epoca buia, rendendo omaggio a coloro che hanno subito le atrocità del regime nazista.
un messaggio per le generazioni future
Un momento significativo nel film è l’arrivo del figlio di Mengele, ormai cresciuto, che torna dall’Europa. Questa riunione familiare è carica di tensione, simbolo della distanza emotiva e del conflitto fra padre e figlio, un tema che Serebrennikov esplora con delicatezza. Nonostante i legami di sangue, la distanza tra le loro vite e le loro scelte è incolmabile, e il figlio rappresenta una generazione che desidera liberarsi dal peso del passato.
Mengele, infine, non verrà mai catturato e morirà in Brasile nel 1979, identificato solo anni dopo attraverso un test del DNA. Serebrennikov, parlando del suo lavoro, ha affermato: “Parlare costantemente di Auschwitz è una necessità per ricordare all’umanità di cosa è capace”. Il regista, costretto all’esilio, ha espresso la sua preoccupazione per le “cose terribili” che accadono in Russia, dove oggi ci si può trovare in prigione per aver espresso opinioni contrarie alla guerra.
La realizzazione di questo film ha comportato sfide significative per Serebrennikov, che ha dovuto affrontare la complessità di filmare esperimenti e ricostruzioni del campo di concentramento. Ha chiarito che era cruciale mostrare questi eventi, altrimenti si rischierebbe di giustificare le azioni di Mengele, o peggio, di dimenticarle. La sua opera si erge quindi non solo come un racconto della vita di un uomo, ma come un monito per le generazioni future, affinché l’umanità non perda mai di vista gli orrori del passato.