Il tragico caso di Francesco, un ragazzo di soli 14 anni, ha suscitato una profonda indignazione e interrogativi sulla responsabilità genitoriale e sulle scelte terapeutiche in ambito oncologico. Francesco è morto nel 2024 a Costabissara, nel Vicentino, a causa di un osteosarcoma, un tipo di tumore osseo che colpisce frequentemente i giovani. La vicenda ha preso una piega legale con l’accusa ai genitori di omicidio con dolo eventuale, che saranno portati a processo il 21 ottobre prossimo.
L’inchiesta è stata avviata a seguito di una segnalazione da parte di una vicina di casa, preoccupata per le condizioni di salute del ragazzo e per il fatto che i genitori avessero scelto di curarlo esclusivamente con rimedi naturali, in particolare con l’arnica. Questa scelta ha sollevato interrogativi sulla responsabilità dei genitori nella gestione della malattia del figlio, che avrebbe potuto ricevere trattamenti medici efficaci. Secondo il pubblico ministero Paolo Fietta, i genitori avrebbero ritardato l’accesso a esami e trattamenti adeguati, compromettendo le possibilità di recupero di Francesco.
segnalazione ai servizi sociali
La segnalazione della vicina ha portato a un coinvolgimento dei servizi sociali di Dueville, dove abitavano i nonni di Francesco, e dove il ragazzo era stato temporaneamente trasferito. Il 31 marzo 2023, la donna ha riferito ai servizi che il giovane veniva curato solo con l’arnica, un rimedio spesso utilizzato per alleviare dolori e traumi minori, ma assolutamente inadeguato per affrontare una malattia grave come il cancro. La vicina, che aveva vissuto sulla propria pelle l’esperienza della chemioterapia per il proprio figlio, ha ritenuto opportuno segnalare la situazione, evidenziando il pericolo di un approccio terapeutico non convenzionale e privo di fondamento scientifico.
il processo e il coinvolgimento di centri terapeutici
A processo si presenteranno la madre di Francesco, M.B., e il padre, L.G., assistiti dagli avvocati Lino e Jacopo Roetta. La vicenda ha attirato l’attenzione anche di un centro terapeutico toscano, noto come Valdibrucia, che è coinvolto nell’inchiesta. Questo centro è gestito da seguaci della controversa “dottrina Hamer” sul tumore, una teoria che non ha alcuna validità scientifica e si concentra esclusivamente su aspetti psicologici e relazionali, ignorando le evidenze mediche.
l’urgenza di interventi tempestivi
La dottoressa che ha tentato di curare Francesco quando è stato portato al pronto soccorso di Perugia ha rilasciato dichiarazioni allarmanti, affermando di non aver mai visto un tumore in uno stato così avanzato. Questa constatazione ha messo in evidenza l’urgenza di intervenire tempestivamente in situazioni di emergenza oncologica. Secondo la testimonianza della dottoressa, i genitori avrebbero inizialmente giustificato il cattivo stato di salute del ragazzo affermando che era semplicemente caduto dallo skateboard, un modo per minimizzare la gravità della situazione.
Dopo tre mesi trascorsi a Perugia, Francesco ha ricevuto un trattamento palliativo, che includeva polichemioterapia e radioterapia, ma non c’erano più margini per un intervento chirurgico. La scelta dei genitori di rinunciare a una biopsia e a un intervento in un centro specializzato ha sollevato ulteriore preoccupazione tra i professionisti della salute. Un medico veneto, consultato dai genitori prima di queste decisioni, non è ancora stato ascoltato dagli investigatori, ma secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, risulta ancora iscritto all’Ordine dei medici e attivo nella diffusione della dottrina Hamer.
La questione che emerge da questo drammatico caso è complessa e tocca temi sensibili come la libertà di scelta terapeutica, la responsabilità genitoriale e la necessità di interventi tempestivi in caso di malattie gravi. Nonostante i genitori di Francesco possano aver agito con la convinzione di fare ciò che fosse meglio per il loro figlio, la scelta di rifiutare trattamenti medici convenzionali e di affidarsi a pratiche non dimostrate ha avuto conseguenze tragiche.
Oltre agli aspetti legali, questa vicenda solleva anche interrogativi etici e morali: fino a che punto i genitori hanno il diritto di prendere decisioni sulla salute dei propri figli? E quando le scelte personali possono essere considerate pericolose o addirittura letali? La morte di Francesco non è solo una perdita personale, ma rappresenta un campanello d’allarme per la società riguardo alla necessità di informare e sensibilizzare le famiglie sui rischi associati a terapie alternative prive di fondamento scientifico. La speranza è che casi come questo possano portare a un maggiore dialogo e una più profonda comprensione dell’importanza di un approccio medico basato su evidenze nel trattamento delle malattie gravi.