Nel carcere la dogaia di prato è emersa una struttura adibita al deposito e rifornimento di sostanze stupefacenti, gestita da detenuti in permesso. L’indagine condotta dalla procura di prato, guidata dal pubblico ministero luca tescaroli, ha individuato un punto nevralgico fuori dal penitenziario dove venivano coordinati gli ingressi di droga e telefoni cellulari. La vicenda riguarda un immobile di proprietà della caritas situato in via pistoiese, trasformato in base logistica per alimentare traffici illeciti dentro la struttura carceraria.
La centrale di rifornimento: descrizione e funzione
La centrale era ospitata in una palazzina, concessa alla caritas, composta da sei stanze tra cui tre camere da letto, una cucina e un bagno. L’immobile era utilizzato dai detenuti muniti di permessi di uscita temporanei dal carcere, detti permessanti, che potevano accedervi senza restrizioni o controlli. Questo scenario ha permesso loro di organizzare distribuzione e stoccaggio di droga da introdurre all’interno della dogaia, oltre all’inoltro di telefoni cellulari vietati.
Gli ambienti sono stati così trasformati in un centro operativo dove la droga veniva raccolta, nascosta e preparata per l’ingresso all’interno del penitenziario. Il fatto che l’accesso fosse libero e privo di verifiche ha favorito notevolmente l’attività illecita. La scoperta ha rivelato una falla grave nel sistema di controllo intorno alla gestione dei permessi di uscita, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza e i metodi di sorveglianza adottati.
Le indagini della procura di prato
L’inchiesta è partita da sospetti e elementi raccolti sulle modalità d’introduzione di telefonini e stupefacenti nel carcere. L’interesse si è concentrato proprio sui detenuti con permesso, i quali avrebbero utilizzato questa copertura per aggirare i controlli. Il pubblico ministero luca tescaroli e il suo team hanno seguito diverse piste e raccolto prove sufficienti per chiarire la dinamica dell’organizzazione.
Attraverso intercettazioni, testimonianze e osservazioni, si è evidenziata la presenza della centrale sulla via pistoiese come punto di riferimento per traffici interni alla dogaia. L’indagine mette in luce come la gestione della sicurezza del penitenziario non abbia tenuto sotto controllo quei momenti di uscita temporanea, creando un varco sfruttato per la diffusione di sostanze proibite.
Questo caso accelera le riflessioni sulle procedure di gestione dei detenuti con permessi di uscita. In aggiunta, spinge le autorità a valutare soluzioni più rigide per evitare simili episodi che minano la funzione rieducativa e la sicurezza della struttura.
Implicazioni e reazioni dopo la scoperta
La scoperta della centrale ha causato allarme tra gli operatori del carcere e negli ambienti giudiziari. La presenza di una base logistica esterna per lo smercio di droga riguarda non solo chi è detenuto ma anche il personale che deve garantire l’ordine e la legalità all’interno del penitenziario. L’episodio sottolinea la necessità di una vigilanza più attenta, soprattutto riguardo a permessi che permettono agli stessi detenuti di uscire e rientrare senza rigorosi controlli.
La caritas, proprietaria dello stabile, si trova in una posizione delicata. Lo spazio messo a disposizione per finalità sociali è stato strumentalizzato per attività criminali. È probabile che, a breve, vengano adottati nuovi protocolli o restrizioni per evitare che situazioni analoghe si ripetano.
Il caso verrà affrontato dalle autorità competenti anche dal punto di vista della sicurezza penitenziaria nazionale, per intervenire su eventuali falle simili in altri istituti di detenzione. La gestione dei permessi rappresenta un nodo centrale nella sicurezza interna e va monitorata con attenzione per contenere fenomeni di illegalità e traffici illeciti.
L’inchiesta si arricchirà di ulteriori sviluppi nelle prossime settimane, con possibili arresti e provvedimenti cautelari nei confronti delle persone implicate nella rete scoperta in via pistoiese a prato.