Per le donne lavoratrici arriva una novità positiva: l’età minima per il pensionamento si abbassa. Ecco cosa cambia davvero e quali requisiti bisogna avere.
Una buona notizia per le donne lavoratrici: l’età minima per la pensione è destinata ad abbassarsi, aprendo la strada a una possibilità concreta di uscita anticipata dal lavoro. Dopo anni di dibattiti e promesse mancate, qualcosa finalmente si muove per una delle categorie più penalizzate dal sistema pensionistico. In Italia, le donne pagano spesso il prezzo più alto per una carriera segnata da interruzioni, part time involontari e stipendi più bassi. Ora, grazie a nuove disposizioni, si apre uno spiraglio reale per accedere alla pensione con un’età più favorevole.
Perché le donne vanno in pensione con più difficoltà
Il sistema attuale non tiene conto delle discontinuità lavorative tipiche della carriera femminile. Molte donne si trovano a sospendere il lavoro per accudire figli o familiari e spesso sono costrette ad accettare contratti part time, con il risultato di versare meno contributi e percepire pensioni più basse. Secondo l’INPS, le pensioni femminili sono in media inferiori del 30-40% rispetto a quelle degli uomini.

In Italia esistono due soglie principali per il pensionamento:
– la pensione anticipata, che richiede molti anni di contributi ma permette di uscire prima, anche con penalizzazioni sull’importo;
– la pensione di vecchiaia, che non prevede tagli ma impone di raggiungere una soglia anagrafica precisa e almeno 20 anni di contributi.
Ad oggi, l’età legale per il pensionamento in Italia è 67 anni, ma l’orientamento per il futuro è quello di abbassare la soglia per le donne che hanno avuto carriere discontinue o che svolgono lavori di cura.
Donne in pensione a 60 anni: il modello Polonia ispira anche l’Italia
A livello europeo, l’Italia resta tra i paesi con l’età pensionabile più alta insieme a Grecia, Paesi Bassi, Norvegia e Islanda. Tuttavia, guardando ad altri paesi, emergono modelli alternativi. In Polonia, ad esempio, le donne possono andare in pensione a 60 anni, mentre gli uomini a 65. È un sistema che riconosce le differenze reali nelle vite lavorative tra i due sessi.
Anche in Italia si sta valutando una maggiore flessibilità, con proposte che prevedono un ritiro anticipato per le donne che hanno interrotto l’attività per ragioni familiari o che hanno più figli. Questo tipo di approccio potrebbe diventare operativo già nel 2025, con nuove norme pensate per ridurre il divario e tutelare chi ha lavorato tanto anche fuori dal mercato formale.
Per ora si parla ancora di ipotesi, ma il messaggio è chiaro: il sistema va adattato alla realtà delle donne italiane. E se le promesse saranno mantenute, andare in pensione prima sarà finalmente possibile per tante lavoratrici che da anni portano avanti una doppia fatica: quella del lavoro e quella della cura.