
Aragoste a Manhattan: il viaggio culinario di Ruizpalacios tra sfide e sapori
Dal 5 giugno, il film “Aragoste a Manhattan” del regista messicano Alonso Ruizpalacios arriva nelle sale italiane, distribuito da Teodora. Presentato in concorso alla Berlinale di quest’anno, il film si distingue per la sua rappresentazione cruda e realistica del mondo della ristorazione, ambientato in un ristorante frenetico di New York, The Grill, dove il caos regna sovrano. Ispirato all’opera teatrale “The Kitchen” di Arnold Wesker del 1959, il film offre uno sguardo profondo e inquietante sulle dinamiche interne di una cucina industriale, immergendo il pubblico in una giornata di lavoro che esplora le sfide e le pressioni affrontate dai suoi protagonisti.
Un viaggio nel cuore di The Grill
La storia si svolge all’interno di The Grill, un ristorante situato nel cuore di Times Square, dove il cibo viene preparato principalmente per i turisti. La scelta di Ruizpalacios di girare in bianco e nero non è casuale: questo stile visivo contribuisce a enfatizzare l’atmosfera opprimente e claustrofobica che si respira in cucina. Il regista stesso ha dichiarato di voler mostrare “l’altra faccia dell’industria alimentare”, dove l’opportunità e il profitto prevalgono sulla qualità del cibo. “Aragoste a Manhattan” si configura quindi come un film anti-food-porn, che va oltre la mera estetica del cibo per raccontare una storia di lotta e resilienza.
La crisi e i protagonisti
Uno degli elementi centrali del film è la crisi che colpisce il ristorante quando i soldi scompaiono dalla cassa. I lavoratori, molti dei quali sono immigrati clandestini, vengono interrogati e messi sotto pressione. Questi personaggi, già vulnerabili e fragili, si trovano a dover affrontare non solo la sfida quotidiana di mantenere il lavoro, ma anche l’ulteriore peso delle accuse di furto che ricadono su di loro. Tra i protagonisti, c’è Pedro, interpretato da Raúl Briones, un giovane messicano con sogni e aspirazioni, ma anche con la sfortuna di essere innamorato di Julia, una cameriera americana interpretata da Rooney Mara. La loro relazione è complicata dalla situazione di Pedro, un immigrato privo di documenti, che rende difficile per Julia impegnarsi in una storia d’amore.
Un messaggio profondo
Ruizpalacios ha voluto sottolineare che, sebbene il film possa essere interpretato come una riflessione sull’immigrazione, il suo significato più profondo risiede nella lotta per trovare un senso di identità e comunità. I personaggi, pur essendo immigrati, sono prima di tutto esseri umani che cercano di costruire una vita dignitosa nel bel mezzo delle difficoltà. “Quello che questi ‘invisibili’ stanno davvero cercando è un senso di sé e di fratellanza”, ha spiegato il regista.
L’approccio immersivo di Ruizpalacios alla realizzazione del film è evidente anche nel modo in cui ha preparato il cast. Rooney Mara ha raccontato che il regista ha organizzato un vero e proprio campo di addestramento in cucina per gli attori, rendendo l’esperienza di recitazione ancora più autentica. “È stata un’esperienza straordinaria”, ha affermato, sottolineando quanto il lavoro sul campo abbia arricchito le loro performance.
Una critica al settore ristorativo
Il film non è solo una critica alle dinamiche del settore ristorativo, ma anche un ritratto della lotta umana per la dignità e il riconoscimento. La gerarchia, simile a quella di un equipaggio di una nave, diventa un elemento cruciale per il funzionamento della cucina, e Ruizpalacios riesce a mettere in luce le interazioni tra i vari membri del personale, ognuno con il proprio ruolo e il proprio bagaglio di esperienze.
Con “Aragoste a Manhattan”, Alonso Ruizpalacios offre un’opera che va oltre la semplice narrazione di una giornata di lavoro in un ristorante. Il film si propone come una riflessione profonda sulle sfide affrontate da chi vive ai margini della società, mettendo in discussione le norme e i valori che guidano l’industria alimentare moderna. La cinematografia, il cast e la sceneggiatura si intrecciano per creare un’opera che invita lo spettatore a riflettere su ciò che si cela dietro il cibo che consumiamo e sulle vite di coloro che lo preparano.