Cosa verrà dopo il lavoro?

dopo il lavoro

Non lavoreremo per sempre. Come umanità siamo destinati a smettere di lavorare o almeno ad abbandonare milioni di posti di lavoro oggi considerati indispensabili e che presto saranno assolutamente inutili.

E tra qualche anno potreste trovarvi di fronte a un bivio, scegliere se continuare ad essere sfruttati o diventare totalmente irrilevanti… e forse vi sembrerà strano, ma molte persone, pur di non scomparire, pur di non sentirsi inutili, potrebbero preferire la sottomissione alla totale inutilità sociale.

Cosa verrà dopo il lavoro?

Oggi voglio parlarvi di un bel documentario che si chiama “After Work” di cui vi lascio qui il trailer e che vi consiglio di guardare. Il documentario sottolinea sostanzialmente quello che io vi racconto da sempre, almeno da 10 anni su questo blog, ma sono concetti su cui ho iniziato a riflettere ormai più di vent’anni fa. Per molte persone la vita è lavorare, il lavoro dà loro un grande senso di gratificazione e si identificano totalmente in ciò che fanno, tanto che ne parlano anche nel tempo libero e chiedono agli altri di cosa si occupano per capire chi hanno di fronte. Ho sempre ritenuto estremamente triste questa condizione, perché ognuno di questi individui dovrebbe chiedersi che cosa sarebbe senza il suo lavoro.

In After Work si esplora esattamente questa condizione, inizia mostrando il nostro presente altamente disfunzionale, raccontato di come gli americani ogni anno rinunciano a circa mezzo milione di ore di ferie semplicemente perchè “non sentono di potersi concedere una vacanza dal lavoro”. Ci mostra come viviamo in una realtà dove si prova vergogna nel desiderare di riposare, perché si ha un rapporto di sudditanza con i superiori, che sono per noi arbitri del nostro valore. Ci si sente bene non perché si “fa il proprio dovere”, ma perché sono loro a dirci che siamo stati bravi, dunque si finisce per essere sempre più sfruttati. In Corea del sud il troppo lavoro è diventato un grave problema: le famiglie si sfaldano perché le persone dormono quattro o cinque ore al giorno pur di riuscire a dedicare più tempo possibile a lavorare. Lo stato è costretto a passare in TV pubblicità dove incentivano gli individui a tornare a casa, a fare attività fisica, ricreative e a stare con i figli. Non vi spoilero altro altrimenti vi racconto tutto il documentario, ma diciamo che si arriva persino ad ascoltare testimonianze di nazioni ricchissime dove pur di mantenere una dignità le persone stanno in un ufficio a non fare niente per tutto il giorno.

Siamo arrivati alla follia. Siamo incapaci di immaginare una vita diversa da quella passata chiusi in un ufficio a produrre perlopiù l’inutile per tutto il santo giorno. E inevitabilmente il documentario poi arriva a parlare del fatto che forse non è il lavoro a nobilitare l’uomo, ma la libertà di scegliere di fare quello che vuoi ogni giorno. 

E questa è esattamente la trasformazione che potrebbero vivere le nuove generazioni, cioè la non-necessità di lavorare, con un contestuale ridistribuzione della ricchezza per fare in modo che molte più persone possano vivere da “ricche”, ma non nel senso di potersi concedere qualsiasi lusso, ma di essere libere di passare il proprio tempo come desiderano. 

Ovviamente questo cambiamento dovrà essere soprattutto mentale, verrà cioè lentamente sradicata (e anche di questo parliamo da anni) quella folle idea per cui chi lavora è migliore di chi vive oziando il più possibile (o di rendita), smettendo di credere che vivere di stenti e sacrifici ci renda migliori di chi vive agiatamente. Infine il problema da risolvere riguarderà il trovare un senso alla propria vita, perchè se ora tutti viviamo per lavorare, poi dove troveremo uno scopo? Paradossalmente, chi da anni riflette su questi temi e percorre questo sentiero, affronterà molto più serenamente questo inevitabile cambiamento. 

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