Praticamente nessun nomade digitale lavora dalla spiaggia. Già questa affermazione è sufficiente per aprire una finestra su un mondo di balle che vi vengono raccontate quando si parla di lavoro da remoto e in particolare da quelle località dove fa sempre caldo, la vita costa poco e altri classici cliché.
Come funziona veramente il nomadismo digitale e quali sono gli aspetti che nessuno vi racconta in merito a questa attività diventata molto di moda soprattutto dopo la pandemia? Ve lo spiego in questo articolo che, come sempre, tenta di mettere i bastoni tra le ruote ai venditori di sogni.
Le balle sui nomadi digitali
In più di un'occasione ho cercato di contattare diverse persone, anche tra le più conosciute nell’ambiente, per invitarle sui miei canali a parlare di nomadismo digitale, ma stranamente quasi tutte non hanno nemmeno risposto all’appello. Così ho storto il naso e ho indagato un po’ meglio in questo mondo, scoprendo aspetti interessanti che probabilmente questi soggetti avevano paura di svelare durante l’eventuale intervista. D’altronde, lo sapete, a me non piacciono quei personaggi che tendono a farvi credere che la loro vita sia fantastica per un tornaconto personale, e forse questa mia fama li ha un po’ allarmati.
Il nomade digitale è una persona che lavora sostanzialmente senza un ufficio stabile, ovvero che ama spostarsi magari inseguendo la bella stagione. Raccontano tutto sui loro profili social, perché è uno stile di vita molto attraente, che fa fare tanti like e quindi guadagnare. Molti di questi infatti vendono veri e propri corsi (spesso piuttosto costosi) su varie tematiche, ma sotto sotto cercano sempre di farvi credere che acquistandoli diventerete come loro. Principalmente quindi vendono la loro immagine, ma quasi sempre omettono di raccontarvi tutta la verità.
La prima cosa da sapere è che praticamente nessuno lavora da una spiaggia come vogliono farvi credere attraverso le foto che postano su Instagram. I motivi sono banali: in spiaggia il riflesso del Sole non ti fa vedere bene lo schermo, ci sono troppe distrazioni, fa caldo, i letti sono scomodi e la sabbia tende a rovinare gli strumenti, come ad esempio il personal computer. Dunque i nomadi digitali vivono in luoghi fantastici, ma in realtà passano la maggior parte del tempo chiusi in un appartamento a lavorare. Questa è un’immagine poco attraente, è chiaro, che fa vendere meno, e quindi postano solo le fotine delle gitine o degli aperitivini.
Il secondo aspetto è che viaggiare costa, costa molto, soprattutto se ci si sposta spesso, e costa anche andare in quei luoghi del mondo dove la vita è molto meno cara che da noi. Prendere in affitto un appartamento per tre o quattro mesi in una meta turistica molto rinomata è costoso, perché dove c’è turismo i prezzi sono elevati. Dunque spesso i nomadi digitali non si stabiliscono nei luoghi meravigliosi che vi mostrano su Instagram, ma in zone meno lussuose e famose per ovvi motivi di budget. E poi vi raccontano che vivere lì costa molto poco, ma i 2000 euro per il biglietto aereo non ve lo fanno vedere.
Poi vi è il tema della solitudine: ricordatevi che non siete in un villaggio vacanze dove incontrare gente al gioco aperitivo o nelle serate discoteca; lavorerete sostanzialmente tutto il tempo perchè campare è così, e poi vi ritroverete spesso a pranzare o cenare da soli, e la sera non è detto che abbiate amici con cui trascorrere il tempo. Inoltre più sarà nomade il vostro stile di vita, minori saranno i legami che riuscirete a stringere, ma ovviamente nessuno di loro vi racconta la solitudine di cui soffrono, perché è poco attraente e fa vendere meno.
E per finire vi è l’annosa questione delle tasse: per guadagnare in questo modo bisogna fare lavori particolari, tipicamente che necessitano solo di un computer e una connessione a internet, dunque la maggior parte dei nomadi digitali sono blogger, youtuber, scrittori e via dicendo, cioè lavoratori autonomi. La prima domanda che dovremmo porgli è: ma dove pagate le tasse? Perché, vedete, spesso vi viene raccontato che lavorando in un altro paese hai un vantaggio fiscale, e questo è vero, ma se sei un cittadino italiano la legge è chiara: se vuoi pagare le tasse in un paese estero ci devi mettere la residenza, cioè devi essere iscritto all’Aire (Anagrafica degli italiani residenti all’estero) e restare fuori dall’Italia per almeno sei mesi all’anno. Se non lo fai, o anche banalmente se cambi spesso location, le tasse le devi pagare in Italia. Si scopre allora che non ve la raccontano tutta giusta, e questo vantaggio fiscale non è così semplice da costruire. La verità è che talvolta, anzi, spesso, questi signori non fanno le cose per benino, cioè non pagano tutte le tasse che dovrebbero.
Insomma, attenzione a farvi affascinare da uno stile di vita che vi viene mostrato da persone che hanno tutto l’interesse a farvi credere che imitarli significhi vivere automaticamente in modo fantastico. Spesso non ve ne accorgete perché sono furbi e giocano su ciò che non dicono, ma mostrano, e voi in testa vi fate un gran bel film, che però rischia di avere un finale non esattamente piacevole.
Attendo post sulla #vanlife! :D
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