La bufala dell'economia circolare

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Molto spesso ho portato i concetti dell’economia circolare come la possibile soluzione al grave problema della sovrapproduzione di rifiuti, ma anche del consumo energetico e dell’estrazione selvaggia di risorse, ma è necessario fare delle precisazioni.

Oggi vorrei spiegare come l’economia circolare, così come ci viene presentata dalla classe politica, non rappresenti una vera soluzione; è al massimo un tentativo di ridurre le problematiche allo scopo di guadagnare tempo, senza però risolvere veramente i problemi alla radice.


La bufala dell'economia circolare

Andiamo con ordine: come sapete la grande macchina industriale, che è il mondo in cui viviamo, è causa di numerosi problemi. Uno di questi è la sovrapproduzione di Co2 che causa il surriscaldamento globale e di conseguenza i cambiamenti climatici. Questo è un fatto e anche se esistono diversi negazionisti, ci sono tonnellate di studi ormai che lo dimostrano

Una delle possibili soluzioni a questo problema viene dall’introduzione dell’economia circolare, che consiste nel produrre oggetti le cui parti siano in gran parte riutilizzabili o tuttalpiù riciclabili, in modo che si limitino l’attività di estrazione delle materie prime e i processi industriali di fabbricazione. Se andiamo a vedere i dati scopriamo che il 77% della produzione di Co2 al mondo è attribuibile al consumo di energia utilizzata non per riscaldarci o illuminarci, ma nei processi produttivi e nei trasporti, cioè dall’industria. Sulla carta quindi l’economia circolare sembra un’ottima idea, perché riduce i processi industriali, ma c’è un problema. 

Provate ad immaginare cosa accadrebbe se il 100% di ciò che produciamo fosse totalmente riutilizzabile? Quello che si verrebbe a creare a livello economico sarebbe una fortissima riduzione della produzione in alcuni settori, ma un persistere della domanda perché le persone continuerebbero a desiderare tutto l’inutile che già adesso acquistano. In parole povere ci sarebbe bisogno di molti meno lavoratori, ma una continua richiesta di oggetti e servizi. Tra l’altro questi diventerebbero anche più costosi (almeno nel breve periodo) perché il riciclo implica un processo più lungo e costoso rispetto alla sostituzione con il nuovo. Lo scenario quindi sarebbe molto simile a quello verificatosi post pandemia, cioè una macchina produttiva lenta che non riesce a soddisfare i bisogni, configurazione economica che ci ha letteralmente proiettati in una recessione.

L’economia circolare risolverebbe poi solo in parte il problema della sovrapproduzione di Co2 (tuttalpiù la limiterebbe) perché i processi di riciclo e nuova fabbricazione di oggetti da parti esistenti, continuerebbero a consumare energia. Inoltre circa un quarto della produzione di Co2 globale deriva dai trasporti, e questi non diminuirebbero di molto, perché la quantità di merci in circolazione resterebbe praticamente invariata (visto che i bisogni delle persone resterebbero invariati)

Dunque l’economia circolare rimane la strada da seguire, ed è indiscutibile che porti con sé dei vantaggi notevoli, ma deve essere accompagnata da una riduzione dei consumi da parte delle persone, cioè quella che qui chiamiamo semplicità volontaria. Per questo serve una seria campagna culturale già a livello scolastico e una regolamentazione a livello mondiale per limitare i consumi e la produzione. Non è sufficiente un pacchetto di regole a livello europeo perché (per esempio) la Cina produce circa quattro volte la Co2 che produciamo in Europa, dunque ogni sforzo a livello locale è certamente utile, ma dall’impatto limitato. Serve introdurre un pacchetto regolamentativo a livello mondiale (ad esempio tramite il G20) dove si impongono veri e propri tetti alla produzione e ai consumi.

Capite che quella di cui abbiamo bisogno è soprattutto una rivoluzione culturale: deve diventare totalmente deprecabile e fuori moda consumare, le persone devono considerare l’acquisto e il consumo sfrenato come qualcosa da idioti e da sfigati. E l’unico modo per farlo è quello di insegnare alla nuove generazioni valori diversi. 

La questione quindi è incredibilmente complessa, di difficilissima realizzazione, e richiede una serie di sacrifici non indifferenti, ma quello che in questo articolo mi andava di sottolineare è come l'economia circolare non possa essere considerata la panacea di tutti i mali. Può chiaramente rallentare il processo di autodistruzione che abbiamo innescato, ma serve ben altro per dare una speranza alle generazioni future.

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