Difficilmente ci soffermiamo sui termini, sulle parole che utilizziamo per identificare le cose e sul loro profondo significato, ma farlo può aprire ad una visione rivelatoria e cambiare totalmente la nostra comprensione del mondo.
Per esempio avete mai riflettuto sul fatto che nel mondo del lavoro, ma forse in modo più generale in tutta la società dei consumi, le persone vengono identificate esclusivamente come “risorse umane”? Questo termine, se ben analizzato, ci può aiutare a comprendere molto di ciò che siamo diventati, ma soprattutto ciò che non siamo più.
Sei una risorsa non un umano
Se un individuo, che ha un passato, un futuro, dei sogni, dei sentimenti e una meravigliosa unicità, viene ridotto ad un unico concetto che è quello di “risorsa umana”, significa che per la società quella persona è solo uno strumento. Se apriamo un vocabolario e cerchiamo il significato del termine “risorsa”, troviamo la seguente dicitura: “Mezzo con cui si soddisfa un bisogno, una necessità”. Sembra quasi quindi che i ruoli si siano invertiti: invece di essere noi ad avere dei bisogni che cerchiamo di soddisfare attraverso il lavoro e l’organizzazione sociale, è la società ad aver bisogno delle persone per esistere. E infatti, se ci pensate, siamo arrivati al punto di lavorare tutto il giorno e non avere più un vita, quando invece dovrebbe accadere esattamente il contrario. Dovremmo prima vivere e poi lavorare quel tanto che basta per soddisfare i nostri bisogni. Il punto è che la società crea così tanti bisogni sotto la spinta del marketing, da aver consolidato uno stile di vita dove è necessario lavorare sempre per potersi permettere tutto.
Questo ha stravolto il senso dell’esistenza di ogni individuo: viviamo per un unico scopo, ovvero sostenere la società. Non ha più importanza chi siamo, ora conta solo “a cosa serviamo”. E infatti siamo tutti convinti che se non abbiamo un ruolo riconosciuto e pagato siamo dei falliti, non valiamo niente. Quando incontriamo qualcuno, subito dopo le presentazioni, per “pesarlo” chiediamo sempre che lavoro fa, e se il nostro ruolo è inferiore al suo ci sentiamo automaticamente meno importanti. Non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello di valutare se il ruolo che ricopre abbia veramente un’utilità o se egli sia una brava persona, ciò che conta è in che classe sociale si trova e quanto guadagna. Lo studente, la casalinga, il disoccupato, il senzatetto o il pensionato non hanno per la società alcun valore perché non sono risorse da poter sfruttare. E ognuno di noi ha questo concetto ben inculcato nel cervello, tanto che imputiamo a queste persone di essere un peso perché non contribuiscono a mantenere viva la società.
Questa convinzione, che rende normale chiamare gli esseri umani “risorse”, è esattamente il motivo per il quale crescendo smettiamo tutti di inseguire i sogni e cerchiamo un lavoro pur che sia; perché solo quando ci trasformiamo in risorse da sfruttare veniamo riconosciuti e acquistiamo un valore.
Questo ci insegna che per realizzare i nostri sogni dobbiamo distaccarci il più possibile dalle persone che frequentiamo esclusivamente in società e circondarci di chi ci ama incondizionatamente. Chi ci ama infatti non lo fa perché per lui siamo una risorsa, non ci sta accanto per la nostra produttività o il denaro che possediamo, lo fa semplicemente perché con noi sta bene. É solo in quel contesto che sparisce il giudizio velenoso di chi ci valuta per il ruolo che ricopriamo e ci sentiremo finalmente liberi di scegliere chi essere e che direzione dare alla nostra vita.
Ormai facciamo solo più numero, il sistema predilige solo marionette da dominare.
RispondiEliminaparole sante Francesco. E' tanti anni che ti seguo e ti ho incontrato personalmente ad una fiera Sana di Bologna. Mio figlio ingegnere surfista e pianista ha capito tutto e ha impostato una vita come la tua. grazie ancora dei tuoi suggerimenti
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