C’è stato un periodo della mia vita, un periodo del quale non vado particolarmente fiero, durante il quale mi sentivo bene se qualcuno vicino a me falliva. Tutti voi sapete esattamente di cosa sto parlando, perché, anche se si tratta di un sentimento inconfessabile, almeno una volta nella vita avete certamente gioito di una disgrazia altrui.
C’è chi lo ha fatto apertamente, manifestando la propria “gioia” con frasi del tipo “ben gli sta”, scrivendolo persino nello stato di WhatsApp o in un post sui social, e chi ha goduto segretamente dopo aver pazientemente atteso il cadavere del proprio nemico, sulla riva del fiume.
Perchè godiamo delle disgrazie altrui
Lo avete fatto (lo abbiamo fatto) soprattutto nei confronti di quelle persone che non ci stanno particolarmente simpatiche, oppure che ci hanno fatto un torto o con le quali abbiamo avuto dei diverbi. Abbiamo però anche goduto dei fallimenti di quelli che identifichiamo come nostri antagonisti: il collega di lavoro, il rivale in amore, il tal politico o anche banalmente chi ha idee o stili di vita diversi dal nostro.
Nessuno di noi è esente di questo sentimento, ed è tutto normale per un semplice motivo: non si gode delle disgrazie altrui per puro sadismo, lo si fa per dei motivi ben precisi che possono essere raccolti in due grandi categorie. La prima è l’invidia: se percepiamo l’altro come potenzialmente migliore di noi ed entriamo quindi in competizione con lui, ogni suo fallimento sarà un punto a nostro favore. Questo è dimostrato dal fatto che fintanto che siamo noi ad essere un passo avanti all’altro ci curiamo poco di lui; quando però percepiamo il pericolo che i ruoli si invertano, allora subentra la competizione, e vederlo sbagliare o fallire ci dona sollievo. La seconda categoria raggruppa tutti quei casi in cui siamo convinti che l’altro stia pensando o agendo in modo errato; se le cose gli andranno male godremo delle sue disgrazie (soprattutto se lo avevamo avvertito) perché inconsciamente pensiamo che se le sia meritata e che quella "punizione" gli servirà da lezione.
Ora è interessante osservare che in entrambi i casi stiamo però sempre parlando di un nostro sentimento, cioè di come noi percepiamo e viviamo il suo fallimento o la sua disgrazia. Magari per lui si tratta di un evento insignificante, solo che noi godiamo nell'immaginarlo affranto, sconsolato, pentito e sconfitto. Siamo noi che vogliamo con tutte le nostre forze che quella lezione sia la più severa possibile! Perchè?
Qui arriva la parte più interessante di questo ragionamento: se vi è mai capitato di desiderare con tutto voi stessi che l’altro subisca una dura lezione di vita, e poi questa si è concretizzata, beh avrete certamente notato che quella gioia maligna che avete provato non è stata poi intensa come ve l’aspettavate. Sì, per un attimo avete goduto, magari ne avete approfittato per dirlo a tutti e prolungare il vostro infausto piacere, ma poi non è che sia cambiato molto e il risentimento nei confronti di quella persona è rimasto.
Questo accade perchè il piacere che si prova come conseguenza delle disgrazie altrui è tale solo perchè, per un certo tempo, ci libera da un male che abbiamo dentro, cioè allevia quella perenne sensazione di insoddisfazione personale che tutti proviamo. Per quanto siamo, facciamo o diciamo però ci sarà sempre qualcun’altro che sarà, farà dirà, meglio (o anche solo diversamente) da noi. Siamo sottoposti ad un continuo confronto per il semplice fatto di fare parte della società, e vivamo l’affermarsi dell’altro come il nostro limite e la sua luce come la nostra ombra.
È chiaro allora che questo male non si cura godendo dei dolori altrui, ma trasformando il nostro antagonismo in uno stimolo. Se gli altri non la pensano come noi, stanno andando nella direzione sbagliata o addirittura ci ostacolano, dimostreremo con i fatti, con la costanza e con l’impegno che siamo nel giusto. Smetteremo cioè di sprecare energie nel seguire ossessivamente le loro vite e silenziosamente dedicheremo tutte le nostre energie ai nostri progetti di vita. Così facendo, una volta arrivati al traguardo, i fatti parleranno da soli e scopriremo che la soddisfazione che ne deriva è molto più potente e duratura di qualsiasi piacere che possiamo trarre dal vedere l’altro fallire.
Questo accade perché costruire non solo tiene mente e corpo occupati (non c’è tempo di badare agli altri), ma rafforza le proprie conoscenze e capacità, cioè la propria autostima. In un’unica soluzione guariremo da un brutto male interiore e troveremo quelle energie necessarie per realizzare i nostri sogni.
Francesco hai segnato un' altra meta con questo articolo. Lo si può constatare quotidianamente. Il tutto è dovuto alla competizione (sleale e non) a cui dobbiamo partecipare per essere accettati nella società.
RispondiEliminaNon si ride del prossimo, oltre a essere maleducati vivi male tu e il prossimo. Impariamo a consolare o almeno a farci gli affari nostri.
Ciao Francesco, non ho mai commentato un tuo articolo, una tua live o post su face ma ti seguo da quando hai scritto i primi articoli (dieci anni ormai) e ogni volta che mi pongo il problema della settimana sembra quasi che mi legga nel pensiero e rispondi con l'articolo perfetto ogni volta. Da quando ho cominciato a leggerti mi sento felice anche se non ho ancora applicato tutti i tuoi consigli, mi sento libero. Grazie di cuore
RispondiEliminaClaudio
Ciao Francesco,
RispondiEliminasenza ombra di dubbio posso garantirti che leggere e apprendere con coscienza ciò che è scritto in questo articolo aiuta più di una seduta di psicoterapia. Il punto focale è che siamo noi stessi ad accusare gli altri del nostro malesessere quando siamo noi stessi che ci autocostruiamo un muro di complessi perchè non siamo in grado di accettare i nostri limiti davanti a chi ci "supera".