La pandemia ha certamente obbligato molte aziende e anche il reparto pubblico ad attuare quello che oggi viene chiamato smart working, ma che di fatto è sostanzialmente il buon vecchio telelavoro, solo senza una precisa regolamentazione.
Oggi tireremo un po’ le somme di quest’anno e mezzo abbondante di pandemia, per capire cos’è successo alle persone che hanno fatto telelavoro, come le aziende hanno reagito all'imposibilità di avere i dipendenti in presenza e quale direzione dobbiamo aspettarci che la società prenda nei prossimi anni.
Scade lo smart working, e adesso?
La prima cosa che dobbiamo sapere è che lo smart working è un regime speciale e temporaneo, che ha consentito ai datori di lavoro di attivare questo strumento senza dover sottoscrivere un accordo preciso con il lavoratore, accordo previsto dalla legge n. 81 del 2017. Tutto questo vale solo fino alla fine dell’emergenza sanitaria, per ora prevista fino al 31 dicembre 2021, poi il Governo dovrà prendere una decisione. Che decisione? Beh sostanzialmente se abolire lo smart working o regolamentarlo.
Compreso questo possiamo fare qualche speculazione su ciò che potrebbe accadere, al fine di essere pronti al cambiamento che ci attende. Per capirlo credo che la strada maestra sia quella di analizzare quanto è accaduto, ovvero come le persone hanno vissuto lo smart working, ma anche come è stato vissuto a livello manageriale. Ci affideremo ai dati dell’Osservatorio Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano che di dice sostanzialmente due cose:
- Lo smart working al 100% non è stata una bella esperienza, almeno non per tutti. Spesso le persone lamentavano una costante sensazione di dover dimostrare di star realmente lavorando. Le aziende infatti, non avendo controllo diretto sui dipendenti, ma dovendosi sostanzialmente fidare, hanno spesso assunto atteggiamenti che inducevano l’ansia di dover essere sempre connessi e reperibili, abusando di chat e comunicazioni. I lavoratori spesso hanno lavorato più del dovuto, accusando un senso di invasione nella privacy della propria abitazione, non più distinta dall’ambiente lavorativo. Il vantaggio principale riscontrato ha riguardato soprattutto un certo risparmio in denaro, e la riduzione dello stress derivante da meno spostamenti e orari più flessibili.
- Il secondo aspetto rilevato riguarda il forte senso di isolamento che cresceva nei lavoratori; questi si sono sentiti meno parte del gruppo, ma anche meno coinvolti nella mission aziendale e per questo meno motivati.
Queste informazioni ci inducono a credere che lo smart working del domani probabilmente sarà un sistema ibrido: le aziende hanno capito che possono risparmiare nei costi, ma allo stesso tempo hanno bisogno di continuare ad esercitare un controllo diretto sui lavoratori e motivarli nel loro impegno quotidiano.
Il futuro dunque difficilmente sarà uno smart working al 100% per tutti (almeno tutti quelli il cui lavoro lo permette) ma, la maggior parte del tempo in ufficio e solo uno o due giorni da casa. Probabilmente, per il settore pubblico, conosceremo il futuro del lavoro agile con i rinnovi dei contratti nazionali a seguito della trattativa tra Pubblica amministazione e Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) mentre per il settore privato gli accordi verranno presi dai sindacati, che probabilmente lasceranno ampio margine di scelta al datore di lavoro, in base alle esigenze aziendali.
Dunque sembra che il futuro ci riservi qualche possibilità in più di lavorare da casa e questo rappresenta un passo avanti nella libertà individuale e nella possibilità di gestire meglio il proprio tempo. Speriamo che finita l’emergenza il Governo non si dimentichi di tutto questo e si ritorni alle vecchie modalità di lavoro giurassiche, tipiche del nostro Paese.
RispondiEliminaLavoro in Smart Working da prima del Covid (3 giorni a settimana) e da quando c’e’ il Covid ogni giorno. Credo che cio’abbia grandi vantaggi: primo fra tutti il risparmio di tempo dovuto al tragitto casa / lavoro e con esso riduzione del traffico sia stradale che ferroviario, riduzione dell’inquinamento e dello stress dovuto ad orari. Ci si ritaglia tempo per se facendo pause quando si vuole e si ha molto piu’ tempo per la famiglia. Non vedere i colleghi poi rende piu efficienti infatti non si perde tempo in chiacchierate ed inoltre non si e’ esposti ai pettegolezzi che i colleghi fanno su ognuno ; chiaramente non vedendoti non possono dire nulla ne sul tuo operato ne su i tuoi usi (che abiti hai, a che ora arrivi etc.).
Io lavoro all’estero e se il lavoro assegnato e’ fatto si possono fare tutte le pause che si vuole senza che nessuno dica niente. In Italia invece, dove ho lavorato per molti anni, c’e’ l’ansia del dirigente di sapere cosa fai in ogni momento, l’esigenza di dirigenti poco capaci di metterti pressioni e stress adosso anche senza reale bisogno ; hanno bisogno di controllarti ogni momento, conta il lavoro svolto certo ma altrettanto importante per loro e’ sapere che fai in ogni momento. Ti mettono pressione adosso perche’ tu non devi essere solo produttivo ma anche infelice. Spero che questo cambi in Italia perche’ lo Smart Working ha enormi vantaggi per il lavoratore
Carlo hai descritto perfettamente la situazione italiana! Ormai mi sono convinta che gli italiani sono proprio cattivi come popolo. Avendo contatto per lavoro con persone di altri paesi, è lampante la differenza. I colleghi italiani sono di una problematicità e cattiveria unica.
RispondiEliminaEsatto, la situazione è esattamente come l'hai descritta. Lo scorso anno ho sottoposto ai miei dipendenti un questionario sul lavoro in smart working e quello che ne è uscito è esattamente ciò che ha riportato L'Osservatorio del Politecnico di Milano.
RispondiEliminaCome in ogni cosa ci sono i pro e i contro. Ho capito che lo smart working può essere un grande potenziale per le aziende, ma soltanto se qualche giorno alla settimana, non full.