Che il PIL, prodotto interno lordo, sia da sempre un indicatore inadeguato a misurare correttamente il benessere della società, e quindi delle persone, non sono certo io a dirlo (anche se lo ribadisco da almeno 10 anni a questa parte), ma personalità che sono infinitamente più competenti di me.
Il concetto è stato recentemente ribadito anche dal premio nobel per la fisica Giorgio Parisi, che ha affermato: "Il PIL non è una buona misura dell'economia, cattura la quantità, ma non la qualità della crescita". Eppure questo semplicissimo e verissimo concetto, che potrebbe cambiare radicalmente i connotati della nostra società, viene sistematicamente ignorato. Perché?
Il PIL come autostrada per il disastro
Per comprenderlo dobbiamo tornare indietro nel tempo fino al 18 marzo 1968 quando all’Università del Kansas, il senatore Robert Kennedy pronunciò queste esatte parole:
“Non troveremo mai un fine per la nazione, né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine bene terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones, né i successi del Paese sulla base del prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre strade dalle carneficine del fine settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle, comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di Napalm, missili e testate nucleari. Si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio. Né la nostra saggezza né la nostra conoscenza. Né la nostra compassione nè la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.
Perché rispolverare questo discorso? Beh, ma perchè se sono 50 anni che ignoriamo questi concetti, significa che il folle modello della crescita infinita è alimentato da un motore inarrestabile, che non dipende da pochi, ma da qualcosa di molto più grande, cioè da come è fatto l’uomo, nel profondo. L’essere umano è profondamente egoista, pensa solo a se stesso e desidera per se potere e ricchezza. È talmente egoista da scegliere di lavorare come un pazzo per poter consumare come un pazzo, anche se sa benissimo che questo non lo porterà al benessere. Se ci pensate è esattamente questo atteggiamento che alimenta il modello della crescita sconsiderata e che da valore assoluto a concetti come quello del PIL.
Nessuno di noi ha veramente interesse nel cambiare questo modello e, anche se sa che vivendo in quel modo non sarà mai felice, continua imperterrito nella folle corsa, perchè il bisogno di possedere è molto più forte, è cioè un bisogno inarrestabile.
Ecco perché le cose non sono cambiate negli ultimi 50 anni e probabilmente non cambieranno mai, perchè l’egoismo umano vince su tutto. Ciò che ci può salvare però è la creazione di un manifesto che abbia la stessa forza della Costituzione, una serie di principi di base che non possono essere calpestati e che siano in grado (proprio come fece la costituzione con il fascismo) di salvare l’uomo da se stesso.
Ecco perché in questa community abbiamo creato il manifesto per la semplicità volontaria e ci impegniamo a rispettare il più possibile le regole, perché si tratta di principi buoni che possono cambiare il volto della società, migliorare la vita della persone e aiutarci a combattere la piaga dei cambiamenti climatici. Se siete nuovi e non conoscente il nostro manifesto, vi consiglio di leggerlo.
Sarà sempre cosi? Spero di no. Credo anche di no. Ho fede che qualcosa sia pronta a da vita a un cambiamento, una svolta nella direzione della mia speranza. Credo che l'esperienza Sars cov 2 ci convincerà che la nosta società è malata, così come noi cittadini. Il consumo non ha dato felicità? Saremo costretti a cambiare prospettiva? Dovremo rinunciare a più cose? Credo di si. Forse diminuendo le cose avremo piu possibilità di sviluppare qualità umane più soddisfacenti: ascolto, condivisione, cooperazione, emozioni,sentimenti, convivialità. Eccoci, ci siamo. La porta è aperta, avanti.
RispondiEliminaMi vengono in mente gli insegnamenti del grande scienziato statunitense Jacques Fresco (1916-2017) che studiava questi temi già dagli anni cinquanta del secolo scorso e che prevedeva la catastrofe a cui andava incontro l'Umanità intera.
RispondiEliminaJacques Fresco, un gigante.
EliminaEsiste anche il BIL (benessere interno lordo) ma nessuno ne parla...
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