Giornate piene di vite vuote

Giornate piene di vite vuote
Giornate piene di vite vuote

A vivere distratti si rischia di non veder passare ciò che conta realmente. Ho vissuto correndo a destra e a manca per molti anni, non facevo altro che fare: arrivare puntuale e preparato agli incontri, lavorare duramente per rispettare le scadenze, persino sentirmi stanco morto, mi faceva stare bene. 

Non si trattava di un benessere fisico o mentale, ma di quel senso di forza e sicurezza che si prova quando si è certi di essere dalla parte della ragione. Quello che, vivendo in questa maniera, non si comprende, è che siamo così certi di star facendo la cosa giusta, da non accorgerci che tutto questo fare, non fa altro che creare un immenso vuoto.


Giornate piene di vite vuote

Se fai tutto ciò che va fatto, cioè quello che altri si aspettano che tu faccia, se corri, obbedisci, non protesti e sei politicamente corretto, produci al massimo delle tue possibilità e ragioni in modo omologato, non solo vieni apprezzato, ma quando qualcuno ti accusa di qualunque cosa, hai una marea di argomentazioni dalla tua, che possiamo riassumere in un solo concetto: “Io mi spacco la schiena dalla mattina alla sera, dunque sono una brava persona”.

La nostra società è come un gioco: se rispetti le regole e ti dedichi anima e corpo ad eseguire gli ordini, allora la partita prosegue e tu guadagni punti su punti, altrimenti sei fuori, finisci ai margini e quel senso di appartenenza, sicurezza e “inattaccabilità”, viene meno. Più o meno tutti vivono rispettando le regole del gioco e in fondo non c’è niente di male, d’altronde ognuno è libero di scegliere come impegnare il tempo che gli è stato concesso, prima di finire al cimitero.

Il problema è che quasi sempre non si tratta di una scelta: fin da piccoli non facciamo altro che correre, essere iperstimolati da internet, smartphone, giornali, TV e per questo sempre occupati a fare o subire qualcosa. Crescendo l’affanno aumenta, le cose da fare si sommano e la stanchezza diventa una condizione cronica. Siamo continuamente occupati e per questo incapaci di fermarci un istante e focalizzarci su una delle poche domande importanti che ha davvero senso porsi, ovvero: “È questa la vita che voglio vivere?”. Perché dobbiamo essere onesti con noi stessi (e con gli altri): questa domanda non ce la poniamo, ci sentiamo così “a posto” nel giocare secondo le regole e così colpevoli quando non facciamo abbastanza, che non prendiamo nemmeno in considerazione l’idea che il gioco potrebbe essere sbagliato.

Il punto è che questo non-riflettere, questo sentirci nel giusto, ci spinge a credere che avere giornate piene di impegni, facendo cose su cose, equivalga a vivere una vita piena, perché si sfrutta ogni istante. Ma ciò che conta realmente però, è solo come si impiega il proprio tempo perché, in realtà, la maggior parte di noi non fa altro che sprecarlo per portare a termine compiti senza senso

  • Ha senso stare tutto il giorno chiusi in un centro commerciale a servire clienti? 
  • Ha senso telefonare a liste infinite di persone, per vendere abbonamenti o prodotti finanziari? 
  • Ha senso trascorrere ore a curare le unghie o i capelli di perfetti estranei? 
  • Ha senso starsene otto ore al giorno a produrre pezzi in serie dentro una fabbrica? 

Potrei andare avanti per ore, ma sono certo che quasi ogni persona che ora mi sta ascoltando, dopo aver pensato al proprio lavoro, ha realizzato che ciò che fa non ha veramente senso. E attenzione a non confondere il senso con lo scopo: lo scopo è guadagnare, il senso invece sussiste quando senti che il tempo che impieghi nel fare ciò che fai, è tempo ben speso. E poi attenzione a non confondere il senso con il ruolo: il ruolo che hai all’interno della società, che tipicamente coincide con il tuo lavoro, non è detto che abbia anche un senso, cioè una vera utilità. Ad esempio se vendi dolciumi il tuo ruolo è molto chiaro, ma il senso?

Dunque è ricercando il senso di ciò che facciamo che capiamo se stiamo vivendo una vita piena di valore e non solo piena di cose da fare, cioè vuota di significato. Ecco perché è importante smettere di vivere distrattamente e riflettere sul senso profondo di ciò che ogni giorno facciamo, perché è la via maestra per dare un vero significato alla nostra esistenza. 

6 commenti:

  1. Ha senso fare gli straordinari specie quando non sono retribuiti ?
    Più rifletto e più mi accorgo di sprecare tempo in nome del consumismo.

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    1. È una riflessione molto importante e molto difficile da digerire. Molto spesso guardo le persone completamente immerse nel loro ruolo e nella loro mentalità e sorrido per quanto si sentano e si atteggino come salvatori del mondo.

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    2. Lo straordinario è un vizio tipicamente italiano. Più si fa straordinario e più il paese si impoverisce.

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  2. bah, pur condividendo che spesso il senso di un lavoro non coincide con il ruolo, a me pare che lo scopo , cioè guadagnare, sia sufficiente. D'altra parte se vendo qualcosa vuol dire che c'è qualcuno che la compra, e che quindi soddisfa un bisogno. Poi si può discutere dell'etica dei bisogni. Però, leggendo spesso questo blog, quello che non capisco è : ma se tendessimo tutti a non lavorare, come si pagherebbero i servizi essenziali ? Sanità, sicurezza, manutenzione, etc ? senza le tasse (troppe sicuramente) che servono a pagare i servizi pubblici, tornerebbe tutto a pagamento, a caro prezzo. Se non lavoro come potrei ottenere una visita medica che oggi grazie alle tasse non pago ? Mi piacerebbe leggere su questo blog un modello economico , seppur diverso da quello capitilista, che però spieghi come dovrebeb funzionare il tutto.

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  3. è la ruota del criceto, ci sei talmente dentro che non risci ad uscirne. A me servito l'anno del Covid, un anno di pausa in cui il mondo si è fermato. Ho respirato. E mi sono resa conto che ero nella ruota del criceto e che appena riparte non riesci ad uscirne.

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    1. Sono uscito dalla ruota del cricieto una decina di anni fa', quando chiusi la mia azienda con oltre 10 dipendenti anche se andava bene. Da allora sono diventato un minimalista. Non sono così estremo cone Francesco, ad esempio non rinuncio ad un buon sigaro al giorno, ma nella ruota e nella gabbia non sono più rientrato. Solo te puoi decidere se ricominciare a girare sulla ruotabo meno.

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