Mi sembra ancora di sentirlo quel vago senso di nausea che inizia a salire su per la gola fino a riempire bocca e naso. Inizia a traboccare dallo stomaco nell’istante esatto in cui si realizza che le ferie sono giunte al termine e a breve saremo costretti a tornare in ufficio.
Ricordo bene quei drammatici lunedì di rientro, il nervosismo, la testa pesante e la voglia di dare un calcio alla scrivania, voltare i tacchi e imboccare la strada per la libertà. Purtroppo però questo non ci è concesso, e presto torniamo tutti a recitare la parte che ci è stata affidata.
Guai se scoprono chi siamo!
Lo chiamano “ricaricare le batterie” come se fossimo robot nati per produrre tutto il tempo, ai quali sono sufficienti una o due settimane di riposo per poi essere pronti ad un altro lungo anno di iperproduttività. Ma non è tanto il riposo fisico quello che ci serve; ciò di cui sentiamo il disperato bisogno è smettere di fingere.
In vacanza infatti, per un breve lasso di tempo, ci è concesso di smettere di recitare il ridicolo ruolo che goffamente cerchiamo di cucirci addosso. Non dobbiamo più far finta che del lavoro ci importi qualcosa. Per una o due settimane è finalmente considerato “normale” fregarsene completamente di ciò che sta accedendo in azienda e noi ci guardiamo bene dal farlo. Per tutto l’anno abbiamo fatto credere ai nostri campi che il lavoro venisse prima, che siamo disposti a farci in quattro, ma curiosamente, quando arrivano le ferie di ciò che lì accade non ci importa più nulla.
Poi, lontani dall’occhio di chi può decidere per il nostro futuro, diventiamo persone diverse o meglio, torniamo ad essere veramente noi stessi. Non dobbiamo più fingere di essere seri, affidabili, professionali e sinceramente interessati alla mission aziendale, adesso possiamo finalmente lasciarci andare: strafogarci, ubriacarci, ballare fino a notte fonda e dormire tutto il giorno su una sdraio.
Ma guai se i nostri capi o colleghi sanno che ci siamo comportati in quel modo, guai se trapela un video dove ubriachi diciamo o facciamo cose… che non sia mai che il nostro vero io venga scoperto. La maschera che indossiamo ogni mattina deve rimanere intatta in modo tale da poter poi continuare a giocare a ciò che non siamo.
Allora quell’odore di vomito che risale con l’avvicinarsi della fine delle nostre due settimane d’aria, non nasce dal ribrezzo nei confronti del lavoro, delle tangenziali intasate o dei colleghi insopportabili che ci aspettano. Nasce dal ribrezzo che proviamo nei confronti di noi stessi quanto inconsciamente realizziamo che tra poco dovremo tornare a recitare.
Siamo finti. Marionette che per tutto il tempo si atteggiano a ciò che non sono, mentono continuamente su ciò che pensano, vorrebbero e farebbero. Costretti a vivere tutta la vita recitando una parte che non vediamo l’ora di scrollarci di dosso. Come si fa a vivere così? Come si fa a sopportare il peso della continua finzione? Beh, non si fa… ed è per questo che non siamo mai soddisfatti delle nostre vite, perché non sono autentiche.
Interessante...
RispondiEliminaQuesto lo si capisce quando raggiungiamo una certa consapevolezza.
RispondiEliminaHo letto i libri che hai pubblicato e seguo il tuo forum. Ne avevo letto altri che a grandi linee si occupavano di questo argomento. Ma tu in particolare lasci il segno poiché l'hai applicato su te stesso. Hai rotto con il passato non bruscamente ma in modo organizzato e con un piano. La tenacia premia. Mi e' rimasta impressa quando dici che hai regalato la chiave per la macchinetta del caffè......cosi avevi fatto per le sigarette. Piacerebbe anche a me specialmente con il tabacco ma per ora ho fallito. Comunque complimenti
RispondiEliminaLa stragrande maggioranza dell'umanità non è mai se stessa perché non sa nemmeno cosa voglia dire, essere se stessi.
RispondiEliminaEssere e voler restare se stessi significa qualcosa di talmente estremo e immenso che fa paura a chiunque, tranne a chi fa un percorso umano e spirituale non da una sola vita, che non basta di certo, ma da parecchie vite.
Per cui onestamente mi fanno ridere quelli che si lamentano del proprio posto di lavoro e dei colleghi. Ma se sono tutti tra falsi, schiavi e conformisti, cosa hanno da lamentarsi?
Se lavorassero con dei risvegliati allora si che avrebbero cose di cui lagnarsi!
Ma il fatto è che i risvegliati non lavorano con i cretini per una questione di frequenze che non si incontrano assolutamente; i risvegliati vivono una vita lontana anni luce dalla società, che lasciano sguazzare nel suo squallido brodino di ipocrisia e marciume, anche perché un risvegliato non si lamenta, prende e molla il lavoro come fanno tanti inclusi me e Francesco, per tutto il resto del mondo c'è la mediocrità, la banalità del bisogno di lavorare ed interagire con altri umani per potersi poi lagnare di qualcosa.
Togliete la lagna quotidiana alla gente per qualunque cosa incluso il Covid, e si ammazzerà per noia.
Che l'universo non voglia che costoro restino a casa a percepire il reddito di qualcosa nei prossimi anni, rinchiudeteli dentro i loro posti di lavoro h24 che nessuno potrebbe mai sopportare le infinite rotture di palle che causano e causerebbero restando a casa.
Anna ..mi piace molto il tuo commento. Dove i risvegliati sorvolando la nostra società patetica e dove sembra che vivono qui quasi per sbaglio.. Non sono risvegliati ancora se non riescono migliorare anche di poco quelli che hanno scelto di incontrare sul loro percorso...Perché siamo qui? Per avere un reddito o per dare qualcosa?
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