Come Fare Carriera nel Lavoro e Rovinarsi la Vita

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Quanti di noi vorrebbero fare carriera nel mondo del lavoro? Guardiamo i dirigenti della nostra azienda partecipare a riunioni importanti, andare a cene d'affari, vestire eleganti, girare con automobili lussuose e guadagnare cifre che noi possiamo solo sognare... e allora forse ci sarà balenata in testa la domanda: "Ma io, come posso fare carriera?".

Ma del lato oscuro della carriera lavorativa chi ci parla? Come vanno veramente le cose e come cambiano le persone quando intraprendono questa strada? Oggi vi racconto quello che ho imparato quando lavoravo per una grande multinazionale, e ciò che ho visto accadere.


La svolta


La vita è dura, lo so, siamo stanchi e pieni di problemi ed è difficile combattere tutti i giorni, ma la cosa che più d ogni altra ci sconforta è che non vediamo alcuna via d'uscita. Quando siamo demoralizzati ciò che ci fa più disperare è che abbiamo le mani legate, non possiamo mandare tutti a quel paese, le bollette e l'affitto vanno pagati e i figli mantenuti, per cui siamo condannati a subire e subire per sempre.

Se fossimo ricchi però le cose sarebbero ben diverse, non saremmo costretti a restare chiusi tutto il giorno in questa lurida fogna che chiamiamo ufficio e nessuno potrebbe farci scattare con un email o una telefonata. Ecco, questo desideriamo più di ogni altra cosa: non avere nessuno che ci comanda, che ci impartisce ordini assurdi, che si arrabbia con noi perché non abbiamo fatto come voleva quando non è nemmeno capace di spiegarsi, che ci addossa le colpe dei suoi sbagli mentre lui non sbaglia mai. Si auto-elegge maestro di vita solo perché ha fatto carriera sta un gradino sopra di noi nell'organigramma aziendale e ha una piccola lurida fogna tutta sua dove sguazzare dieci ore al giorno.

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Ancora meglio sarebbe se fossimo noi ad impartire gli ordini, ad avere il potere e dire agli altri cosa devono fare, sì perché i capi li odiamo fino a quando non ci tendono la mano, ma se vediamo anche la più lontana possibilità di diventare come loro, allora siamo pronti a sputare in testa a tutti quelli che fino a ieri erano i nostri colleghi e cogliamo la palla al balzo. All'idea di essere importanti, fare carriera, guadagnare e essere battezzati migliori della marmaglia, non sappiamo resistere. E quanti ne abbiamo visti di colleghi voltagabbana, che prima sputtanavano i dirigenti e poi ce l'hanno fatta alle spalle, eh?!

Tutto pur di svoltare, di non essere più gli ultimi e chi se ne frega degli altri, la nostra vita è più importante, viene prima. Quando arriva il momento della promozione, quando i nostri sforzi sono premiati, ecco che ha inizio la "carriera lavorativa", esattamente come quando il giocatore punta sul cavallo giusto e vince, assapora il brivido della ricompensa, si sente fortunato, addirittura bravo e forse più scaltro degli altri!

Quello che non sa, però, è che è esattamente in quel momento che iniziano i problemi.

Cara sono a casa


Raccontare alla propria moglie o compagna di essere strato premito e avere delle prospettive di crescita interessante, è una vera soddisfazione; ora non siamo più l'omuncolo che fa l'impiegato, il commesso o il semplice operaio, ci hanno eletto a capo reparto, team leader o responsabile delle vendite, siamo un po' più importanti e valiamo più di prima. Nella vita vera, in verità, non è cambiato niente, ma le persone sono un tutt'uno col lavoro e se siamo importanti in ufficio lo siamo implicitamente anche nella vita! Mi viene il vomito a scriverlo, ma pare che un responsabile o un dirigente sia "più uomo" (o donna) dell'ultimo assunto, giusto?

Ma non importa, non pensiamo a queste dettagli, ci sentiamo meglio e questo è tutto ciò che conta, lo stipendio è un pochino più alto, certo insufficiente a svoltare, beh, a dire il vero praticamente uguale a prima, ma è il primo passo, se ci hanno dato una promozione è perché siamo migliori e quindi possiamo diventare ancora più importanti e quindi ricchi.

carriera


Il nuovo ruolo richiede molto impegno e la necessità di dimostrare di essere all'altezza, ci rapportiamo con persone competenti e la produttività di una certa fetta d'azienda dipende direttamente da noi. Si lavora qualche ora di più e certe volte tocca darsi da fare il fine settimana; prima non ce lo sognavamo nemmeno, la sera correvamo subito a casa a fare due tiri a pallone con nostro figlio, ma adesso, se non facciamo in tempo la nostra parte, altre persone non possono lavorare. Siamo importanti, abbiamo delle responsabilità, i figli capiranno.

La sera rientriamo spesso tardi, iniziamo a vedere meno amici, ma loro sono sempre lì, in un certo senso li diamo per scontati, ci saranno sempre a prescindere da tutto e in fondo arriverà un giorno in cui la situazione sarà migliore, avremo preso il ritmo e non sarà più necessario lavorare così duramente.

Intanto, uno per volta, i nostri vecchi colleghi smettono di essere i nostri "amici", non ci invitano a prendere il caffè o a pranzare insieme, ma è comprensibile, se c'è il capo si sentono sotto osservazione e certe cose meglio non dirle di fronte a chi poi può decidere sul nostro futuro. E poi c'è l'invidia: hanno scelto noi, non loro, e questo non a tutti sta bene. Poco male, mangeremo da soli o con gli altri capi, anche se con loro l'atmosfera è diversa; i galli cedroni fanno baruffa nell'aia, cercano di prevalere e non c'è molto spazio per l'amicizia vera. Mors tua vita mea, ora si balla da soli.

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Si cambia


A mano a mano che veniamo promossi la nostra quotidianità cambia, le responsabilità fanno sentire il loro peso, ma dobbiamo comportarci in modo professionale e far vedere che siamo all'altezza. Cambia il nostro modo di parlare, vestire, di guardare gli altri e probabilmente anche di vedere la vita. Prima gli ultimi erano come noi, comprendevamo la loro situazione, la visione della vita, ora ci rendiamo conto che non hanno per niente a cuore le sfide aziendali, lavoricchiano al minimo perché non si rendono conto che il loro stipendio deriva dal loro impegno. Non capiscono il valore dei propri superiori "che stanno lì a comandare senza alzare il sedere dalla sedia". Che ingrati, danno per scontato l'impiego e non capiscono che è per l'impegno e la lungimiranza dei dirigenti che hanno un lavoro anche se c'è la crisi!

Lentamente ci imborghesiamo, i punti di vista sono una brutta bestia, un po' come quando categorizziamo i migranti come ladri e stupratori senza sapere che Aleppo era più bella della nostra Roma, e quei "delinquenti" erano avvocati o ingegneri… i punti di vista, appunto. A mano a mano a che la nostra carriera avanza diventiamo più seri e meno spensierati, più incazzosi e probabilmente un po' noiosi. Siamo cambiati senza accorgercene, colpa di quegli atteggiamenti di forzata serietà e ostentata sicurezza che dovevamo adottare per via del ruolo; ripetuti per anni, quei modi di fare sono lentamente divenuti parte di noi, cambiando la nostra personalità. Ora siamo come quelli che prima odiavamo, c'eravamo ripromessi che non sarebbe mai accaduto, ma la carriera è un processo lungo e il cambiamento così lento che non ci siamo nemmeno accorti di quando siamo passati dall'altra parte della barricata.

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La nuova normalità


Col passare degli anni, lentamente, ecco che s'instaura la nostra nuova normalità: diventa normale lavorare tanto, essere sotto pressione, mangiare in fretta e male, ingrassare per la vita sregolata e poco sportiva, essere spesso scorbutici, passare poco tempo con i figli e quando stiamo con loro avere la testa al lavoro. Spendiamo di più perché abbiamo maggior disponibilità economica, ma risparmiamo meno perché non abbiamo il tempo di pulire la casa, fare la cena e stirare le camice. Serve la donna delle pulizie, pagare la lavanderia, comprare cibo d'asporto; il denaro sostituisce il tempo, forse avremo più cose, ma tutto quello che compriamo non ce lo godiamo perché, ancora una volta, non ne abbiamo il tempo. Anche la casa al mare è sempre lì, chiusa ad aspettarci, che mastica denaro a suon di Imis, e non ci andiamo mai.  Le vacanze sono diventate quasi un problema, siamo costretti ad andarci in agosto perché negli altri periodi c'è troppo da fare e la nostra assenza causa ritardi e inefficienze di altri, quasi ci sentiamo in colpa a non lavorare.

ottenere ruolo dirigenziale


Siamo distanti da tutti, dagli amici con cui uscivano, dalla compagna con la quale parliamo poco e dai figli ai quali, se non siamo in trasferta, ogni tanto riusciamo almeno a dare il bacio della buona notte, figuriamoci giocare a palla; quello abbiamo smesso da tempo. Ora siamo una vera macchina produttiva, che sacrifica tutto per la carriera, la cui vita ha un senso solo se c'è il lavoro.

Il giorno


E poi, per qualcuno, arriva quel giorno, quello in cui ci si accorge di ciò che è successo, del fatto che mentre facevamo carriera gli anni sono passati, tutti (o quasi), e non abbiamo fatto altro che lavorare. Che non stiamo concludendo nulla, non abbiamo niente di nostro e che il nostro cuore ha regalato ogni suo battito all'azienda. Sarebbe stato anche un bel battere se solo in cambio avessimo ottenuto qualcosa, ma cosa abbiamo adesso? No, veramente, cosa abbiamo ottenuto? Un titolo, un appellativo: "dirigente alle risorse umane" o "vicedirettore di filiale". Bene, ma se ci tolgono la targhetta cosa rimane? Forse un conto in banca discreto, col quale però non ricompreremo un minuto del tempo perduto a far carriera.

Siamo invecchiati trascorrendo i giorni migliori a produrre senza sosta e senza un vero motivo, alcuni lo comprendono quando il troppo stress li manda all'ospedale, altri quando vengono lasciati dalla compagna o il preside dalla scuola li convoca perché il figlio è un problema per l'istituto. Di solito non sono belle storie, e non finiscono bene, ma questo è ciò che ho visto accadere innumerevoli volte, in innumerevoli luoghi quando lavoravo in giro per l'Italia.

Per approfondire: Lavorare per Mantenersi il Lavoro che si Odia



Conclusioni


E allora cosa fare? La verità è che lo sappiamo bene quello che andrebbe fatto; infondo al nostro cuore lo abbiamo sempre saputo e forse qualche volta siamo stati ad un passo dal farlo, nei momenti di sconforto, quando ci siamo sentiti usati o quando lo stress e la fatica erano insopportabili:

Ebbene, bisogna mollare! 

Fare un passo indietro, dirsi sinceramente di aver sbagliato a fare carriera, che siamo stati accecati dall'idea di diventare qualcuno e avere una vita più felice, ma che quella felicità non è mai arrivata e mai la incontreremo, almeno non lungo questa strada. Bisogna buttare via tutto, recuperare il recuperabile, tornare ad essere gli ultimi, rallentare, scalare marcia, semplificare, togliersi dalla bocca quelle parole saccenti e quel ghigno arrogante di chi si sente su un piedistallo. Smettere di dedicare tutto il tempo al lavoro, smettere di lavorare se necessario.

Ma il potere logora e quando si assapora il gusto di tenere il timone, poi, accettare di non essere più il capitano è dura, soprattutto se lo dobbiamo lasciare a quel bastardo che ci ha sempre messo i bastoni tra le ruote. "E' no, a lui non daremo questo vantaggio", e poi abbiamo lavorato tanto per arrivare fin qui, non conviene mollare adesso, dobbiamo tenere duro ancora un po' e le cose andranno meglio, riusciremo a gestire il tempo in modo agevole, a trovare qualche minuto per giocare a palla con nostro figlio, infondo basta poco, si tratta solo di organizzarsi e lavorare più duramente per riuscire a fare tutto in meno tempo.

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Al mattino seguente, la notifica di una mail dal nostro superiore ci butta giù dal letto prima della sveglia, la sera, la telefonata di un cliente ci blocca in ufficio ben oltre l'orario e l'ennesimo problema ci costringe a lavorare anche dopo cena. Quei due tiri a palla, con nostro figlio, li faremo domani, sì, domani, domani ci sarà il tempo!

15 commenti:

  1. Salute a tutti, credo che questo articolo andrebbe letto e riletto con molta attenzione poiché l'unica carriera che potrebbe veramente rendere la nostra vita degna d'essere vissuta, è quella fatta per svincolare sempre più i propri obbiettivi dalle aspettative e dai condizionamenti sociali, detto ciò vi assicuro che se pianificato per tempo, si può lasciare il lavoro e vivere con una modesta rendita, senza annoiarsi o sentirsi esseri inferiori perché non si ha un ruolo sociale riconosciuto, si può in poche parole essere fieri di aver scelto l'autopensionamento anticipato di 20 anni, come alternativa ad una vita di stress lavorativo ed insoddisfacente tempo da vivere con chi amiamo veramente.All'età di 30anni sapevo che non avrei voluto lavorare fino a 70 così ho risparmiato per comprarmi un piccolo appartamento in una zona strategica della città dove vivevo ed avere una piccola base per sostenermi fino all'arrivo del tfr che avrei ottenuto dando le dimissioni dopo 29 anni di duro lavoro in ospedale come infermiera, adesso vivo con l'affitto del mio appartamento mentre con il mio tfr insieme al ricavato della vendita dell'immobile di mia madre ed ai nostri risparmi, abbiamo trovato una soluzione abitativa in un luogo più tranquillo della città che ci fa stare vicine in una casa con giardino con 2 entrate indipendenti, al mattino facciamo lunghe passeggiate con i nostri cani, le persone del paesino ci hanno accolte con affetto ed io con la mia esperienza nel settore sanitario, sono diventata una persona utile alla piccola collettività senza dovermi sentire in obbligo a dover rispondere alle esigenze di budget delle aziende sanitarie andando contro i miei principi, certo nel mio caso non c'era un marito o dei figli e mia madre, vedova da più di 20 anni, ha sempre sostenuto le mie idee, credo che spetti ad ogni uno di noi fare scelte in linea con il proprio sentire profondo, e cominciare a farle quando si ha ancora il tempo, l'energia e la lucidità per poter aggiustare il tiro in funzione degli accadimenti inevitabili della vita, non si può dopo 2 divorzi, 2 o più figli, mutuo trentennale magari altri prestiti ed un lavoro che non ci è mai piaciuto, pensare di lasciare tutto pena poi rodersi nei sensi di colpa. Meditare prima di fare scelte senza uscita di sicurezza, nessuno ci obbliga ad avere responsabilità che non siamo in grado di sostenere. Guardarsi dentro è più utile che guardare fuori...buona vita a tutti. Silvia.F

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    1. Bel pensiero. Ho capito che hai una piccola rendita che ti sei pazientemente costruita nel tempo. Ottima iniziativa. Una domanda sorge spontanea: nel momento in cui avrai dei figli, ammettendo che tu lo abbia pianificato, pensi di dover cambiare qualcosa rispetto alle modalità di vita che ti sei prefissata, realisticamente parlando? Grazie comunque per aver speso del tempo a scrivere un commento che mi ha fatto riflettere al pari dell'altrettanto eccellente articolo di questo blog originale.

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    2. Condivido appieno questo pensiero, scrivo in breve la mia situazione, che è un pò più "agevole" rispetto alla sua. 35 anni, vivo ancora coi miei genitori, oltre alla nostra casa di proprietà viviamo con la pensione di 1200 € di mio papà, una rendita dall' appartamento sopra il nostro di 600 €/mese lordi, essendo la casa una villa bifamiliare + una rendita da locazione di villa singola ma grande di 1150 €/mese. Pur essendo una rendita di tutto rispetto, trattandosi di ville, l' IMU e la TASI sono molto elevate, oltre ovviamente all' IRPEF sugli affitti. Diciamo che al mese netto mio padre prende 2400 €, incluse piccole entrate da fieno, granoturco e patate che vendiamo dalla coltivazione di un ettaro di terra. Detto così uno potrebbe pensare che spendo e spando, in realtà ho lavorato sempre fino a due anni fa, un pò come operaio e un pò come impiegato (diploma di geometra alle serali, lavorando sempre di giorno). Ora mi ritrovo con un mio capitale di circa 145000 € che tengo quansi interamente investito in cose opportune e sicure come conti deposito e obbligazioni, solo un piccolo gruzzolo a maggior rischio su azioni. In pratica non spendo nulla dei miei soldi per vitto e alloggio, e guadagno dal capitale investito una media di 290 €/mese (come una pensione di invalidità). A volte penso che qualcuno potrebbe darmi del mantenuto, ma già mantenere e coltivare un ettaro di terra richiede un bel lavoro, inoltre aiuto mio padre d' inverno poiché possiede anche 6000 mq di bosco da cui attingiamo la legna per la caldaia, che ci fa risparmiare interamente sul metano (che per scaldare i 200 mq del nostro appartamento sarebbero una bella spesa).Inotre, la villa bifamiliare in cui viviamo con la coppia di inquilini sopra ha un bel giardino da tagliare e potare, mio papà ha 67 anni e bene o male se non ci fossi io ad aiutarlo occorrerebbe chiamare un giardiniere. Mia mamma è casalinga, la casa da tenere a posto la tiene impegnata, inoltre è nonna infatti ho una sorella maggiore economicamente indipendente che mi ha regalato da poco una bella nipotina, ogni tanto la deve curare mentre mi sorella va al lavoro.In teoria, arrivata all' età di 67 anni, dovrebbe ricevere anche lei una pensione minima avendo sempre pagato i contributi volontari. Nell frattempo in cerco di aumentare il mio capitale, passo la mattina a correre per i sentieri di campagna e a portare a spasso Ambrogio, il nostro cane. Il pomeriggio "pennichella" e poi aiuto il nostro giardino (perché per i nostri inquini di sopra deve essere sempre in ordine), oppure lavoro in campagna, altrimenti giro in montagna anche da solo, magari con la compagnia di un libro. In un futuro, so che conterà molto come avrò gestito il mio capitale ORA, al di sopra delle ville di mio papà, perché gli affitti di questi tempi sono investimenti insicuri, con la crisi economica che porta spesso a sfratti e a ingenti perdite di canoni di locazione.

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  2. ciao,
    ho letto il tuo articolo e mi è piaciuto moltissimo.
    Sono figlia di un imprenditore che non vedevo mai, purtroppo lui non ha capito e considera il "prestigio" qualcosa di superiore a tutto.
    Ho sposato un uomo che finito di lavorare corre a casa da me e dai nostri figli.
    Si non facciamo viaggi intorno al mondo ma gioiamo del quotidiano che è impagabile.
    Grazie
    Buona giornata
    Bea

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  3. Secondo me sei stato un figlio viziato, e padre egoista Anche perché sei italiano, con genitori dietro le spalle e non hai mai saputo che cosa è la FAME

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    1. Secondo me si una persona con una visione dellavita molto limitata. condivido in pieno le idee di Francesco avendole vissute in prima persona. Fred

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  4. Grazie per il tuo articolo, è sempre spunto per riflessioni.

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  5. Psicologa sì, psicologa del cazzo

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  6. Come va la vendita dei libri e l'attività di divulgazione? Potresti fare un resoconto aggiornato dei tuoi ingressi economici?

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  7. Articolo che condivido l 100%.
    Ho una laurea più varie specializzazioni...e la parola carriera mi ha sempre fatto ridere di brutto. Non mi ha MAi, ma proprio MAI sfiorato nella vita il pensiero anche solo per un attimo di diventare schiava di un qualunque datore di lavoro o della preoccupazione della pensione.
    Per me la vita va goduta al massimo, e pertanto non ho mai voluto mariti, figli, ma libertà totale di fare la valigia e viaggiare e fare esperienze che mi hanno dato tantissimo. Per me l'unica vita possibile è uno zaino in spalla con quattro cose dentro e via, si parte! Non ho studiato per trovare un lavoro inerente alla laurea, ma per farmi una cultura, ho sempre amato studiare e lo faccio tuttora a casa, ho vissuto e lavorato in svariati paesi del mondo, ho sempre avuto soldi sufficienti per vivere (guadagnati da me) e ho vissuto, e vivo, esattamente come desidero. Tra poco tempo ripartirò, destinazione ancora non certa, ma è questo che mi piace, il non sapere fino alle ultime settimane prima di prenotare un volo dove andrò questa volta, e onestamente provo una grandissima compassione per chi vive per lavorare e pensa alla pensione già a 30 anni..non riesco a pensare a nulla di più triste!

    Vivere alla giornata cercando di godersi ogni attimo per me è fondamentale, non mi sono mai preoccupata del futuro perché non serve, so che l'universo si prende cura di chi sa amarsi e non ha paura di vivere.

    La vita è esattamente ADESSO, ed è UNA SOLA.

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    1. "Per me la vita va goduta al massimo, e pertanto non ho mai voluto mariti, figli...". Questo è un estratto di ciò che scrivi.
      Parli in termini assoluti e questo denota una limitatezza mentale. La vita goduta al massimo è sviluppata in modalità soggettive, pertanto, i figli che tu non vuoi, potrebbero essere il massimo, invece, per qualcun'altro.
      Se non avessi figli per scelta, la mia vita sarebbe innaturale e mi sentirei un egoista che avrebbe enormi rimpianti nella seconda e terza età.
      Il senso corretto col quale considerare la vita, è quello di valutare se ci si sente liberi mentalmente e non dentro una gabbia, in qualsiasi modo stiamo vivendo, lavorando 12 ore al giorno o oziando tutto il giorno. Conosco gente che si sente in una prigione per il fatto di non avere un lavoro, come il contrario.
      Leggo con interesse gli articoli di Francesco, anche se molti suoi valori espressi vanno a cozzare con moltissima pubblicità spazzatura che è attuata per "fottere" la gente. Mi chiedo come si sentirebbe Francesco se un suo lettore perdesse tutti i suoi averi attraverso un intermediario finanziario che pubblicizza qui e vende fumo negli occhi.
      Come insegna il buon Ivano di un altro blog che non nomino (non so se si può) che ha pubblicato qualche articolo molto interessante anche qui.

      Mha!

      Tex

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  8. Più saggio dell'età che hai, o forse la vita ti ha fatto vedere prima ciò che si capisce troppo tardi...ti seguo da tanto, e finalmente il coraggio sta arrivando.
    Per ora il mio compagno, dopo 20 anni di un lavoro assurdo, su turni impossibili, dove l'unica ambizione è mantenersi in salute per non essere demansionati, e infine licenziati. La felicità, la libertà dai ricatti sindacali, la fine delle ipocrisie, sono impagabili.

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  9. Bellissime riflessioni: lavoro con gioia perché amo la mia professione, ma ho un orario gradevole e della carriera non me ne può importare di meno. Certamente non godo di uno stipendio enorme, a fine mese la fatica sui conti la sento, ma mai sacrificherei i miei affetti per qualche euro in più, nonostante i titoli di studio per farlo li avrei. Pertanto hai un applauso tutto meritato (in barba a chi non ha il coraggio di firmarsi ed è solo una persona frustrata che preferisce insultare piuttosto di avere l'onestà necessaria ad ammettere i propri fallimenti)!
    La vita non ritorna, meglio viverla come si può ma con serenità :)

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  10. Ciao, non sono venuto qui per creare disagi e liti, ma tu nella vita che obiettivi hai? Tu critichi il lavoro, chi vuole fare carriera, ma non pensi alla soddisfazione di aver raggiunto il proprio scopo? Permettersi qualche lusso in più è gratificante, sapendo di averlo ottenuto con fatica. Se mi compro una bella macchina, non è per mostrarla agli altri, ma perchè piace a me. Tu critichi chi vuole fare carriera e chi lavora perchè non si gode la vita, eppure io lavoro, studio per università ed esco tutte le sere, non avrò più tutti i pomeriggi liberi di prima, non tornerò a casa ogni volta alle due, ma ho una vita sociale attiva ed ho 23 anni. Tu parli solo dei lati negativi del lavoro, solo le disgrazie che ci possono capitare. Pensa che se nella vita facessero tutti come te (vivere tenendo un blog) nessuno lavorerebbe, perchè non ci sarebbero le persone come me, informatici, che ti permetterebbero di scrivere il blog, nella vita esiste il progresso, raggiungibile solo grazie alla determinazione e i sacrifici. Poi ognuno la pensa come vuole.
    Spero che accetti questa critica :)

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  11. Bellissimo articolo, bisognerebbe stamparlo e appenderlo nelle scuole, università, aziende!
    L'unico punto che non condivido è quando dici: "Ebbene, bisogna mollare!
    Fare un passo indietro".

    Secondo me non significa mollare, bensì lottare! È un passo avanti, non indietro!
    Quelli che mollano sono quelli che rimangono a "fare carriera", quelli che fanno un lavoro che li fa star male, quelli che si inginocchiano di fronte al capo, quelli che bramano complimenti dei superiori.
    Quelli che fanno un passo indietro sono quelli che rimangono a fare un lavoro orribile per paura di cambiare, quelli che non hanno il coraggio di fare un passo avanti verso la libertà

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