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Avviare impresa estero |
Nei periodi di crisi, quando il lavoro scarseggia, fuggire dall'Italia per aprire un'attività all'estero è l'aspirazione di molti. Ci sono luoghi nel mondo dove le condizioni per mettersi in proprio sono molto più favorevoli che da noi, la burocrazia snella e i ritmi lavorativi più tranquilli.
Purtroppo però non possiamo dimenticare che la stragrande maggioranza delle persone che tentano di fare gli imprenditori all'estero, fallisce miseramente, questo principalmente per mancanza di informazioni e un'idea totalmente errata di come va affrontato questo importante cambiamento. In questo articolo capiremo ciò che va fatto per avere successo.
Dimentichiamo tutto ciò che crediamo di sapere
Per un istante provo a mettermi nei panni di una persona che ha una comprovata esperienza come imprenditore in Italia e che, stufo di lavorare par ingrassare i conti correnti dei nostri governanti (in Italia un imprenditore paga quasi il 60% di tasse sui propri guadagni) decide di trasferirsi in un Paese dove ritiene esistano condizioni migliori per sviluppare il proprio business. Quest'idea solitamente si insinua nella mente delle persone quando vengono a contatto con qualcuno che gli racconta del tal pizzaiolo o barista che si è trasferito alle Canarie, del panettiere che in Germania guadagna tremila euro al mese, del programmatore che in Svezia fa i soldi, o del barista milanese che ha aperto un chiosco in Messico e ora fa la bella vita.
Queste informazioni possono pervenire da amici, essere state lette su qualche sito o pagina Facebook, recepite attraverso interviste televisive o radiofoniche e solo in rari casi ottenute parlando direttamente con chi ha veramente cambiato vita e ha provato sulla sua pelle cosa significa buttarsi in un'avventura di questo calibro.
I racconti sono sempre qualcosa di estremamente romanzato, le persone (me compreso) tendono ad enfatizzare gli aspetti positivi e tralasciare quelli negativi, si fanno impressionare facilmente e convincere di qualcosa in cui vogliono fermamente credere. Al bar, dopo due o tre bicchieri, parlano di argomenti importanti e delicati come la vita all'estero (come se l'estero fosse un unico luogo di fantasia dove tutto funziona meglio che in Italia) ma è proprio in questi luoghi e in queste chiacchiere superficiali che poi si diffondono le idee e le opinioni, e ahimè, sono quasi sempre sbagliate.
Per questi motivi è molto probabile che tutto quello che sappiamo sul diventare imprenditori in una Paese straniero sia errato, per cui cerchiamo di fare tabula rasa di tutto ciò che pensiamo di sapere e proviamo a definire un percorso preciso da seguire per avere successo attraverso l'apertura di una società oltre i confini della nostra penisola.
Affidarsi agli esperti
L'estero non è un luogo, è solo una nostra fantasia e sinceramente penso che dovremmo smettere di usare questo termine e parlare in maniera più precisa, riferendoci sempre ad un determinato luogo. Aprire un'attività in Brasile piuttosto che in Spagna o in Venezuela è drammaticamente diverso, perché ogni luogo del mondo ha le proprie norme e leggi, regolamenti fiscali, sistema di imposte, previdenza sociale e anche “resistenza” allo straniero. La prima cosa che dobbiamo fare quindi è capire qual è il luogo più adatto per aprire l'attività che abbiamo in mente, quindi quale idea migliore se non quella di affidarsi alla consulenza gratuita di esperti del settore?
Per fare questo potremmo (per esempio) affidarci ai servizi di
Costituzione Società, un team di esperti al quale possiamo chiedere una consulenza gratuita sull'attività che indentiamo aprire all'estero, in ben trenta diversi paesi.
Sul sito è presente un form attraverso il quale possiamo spiegare la nostra situazione e lasciare un recapito per essere ricontattati, oppure possiamo utilizzare direttamente questo:
Non si tratta di un passaggio banale, in molti luoghi del mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ci sono norme a dir poco assurde, senza contare che la legge non sempre è uguale per tutti, per cui sapersi come muovere può
evitare brutte sorprese e permetterci di risparmiare molto tempo.
Guai buttarsi dall'oggi al domani
Nessuna, e sottolineo nessuna delle persone con cui ho avuto a che fare, e che si sono trasferite stabilmente all'estero aprendo una propria società, lo hanno fatto dall'oggi al domani. Capisco bene la voglia di mollare tutto e ricominciare, di mandare a quel paese le ingiustizie del nostro Governo, ma la fretta e la superficialità ci portano diritti sulla strada del fallimento.
Una volta raccolte tutte le informazioni sulle leggi e la burocrazia necessaria per l'apertura di una società all'estero, non è ancora ora di aprire materialmente la società; quello che va fatto è eseguire un primo sopralluogo per iniziare a valutare la situazione e prendere i primi contatti. Nulla è più utile del recarsi personalmente là e per parlare con i locali, capire quali opportunità ci sono, prendere i primi contatti con eventuali partner o fornitori e visitare i luoghi di nostro interesse. Comunicando con gli altri si scoprono tante cose, ad esempio se vogliamo rilevare un'attività in vendita possiamo capire il vero motivo per cui il proprietario se ne vuole sbarazzare, conoscere eventuali problematiche che non ci sono state comunicate, apprenderne la storia delle gestioni ed eseguire una valutazione molto precisa. Se invece il nostro intento è esportare un'attività dall'Italia, introducendola laddove prima non esisteva, allora potremo capire se ci sono le condizioni perché questa si sviluppi, se le persone possono essere interessate, se qualcuno prima di noi ci ha già provato, quali ostacoli ha incontrato e perché ha fallito.
Consideriamo il primo sopralluogo come una vacanza, senza porci nessun obiettivo, questo perché l'entusiasmo iniziale porta spesso le persone a fare scelte affrettate, addirittura mentendo a se stesse pur di cercare di dare concretezza e fattibilità al proprio sogno. Questo va evitato, quindi dobbiamo auto-imporci di non prendere alcuna decisione e non fare nulla di irrimediabile.
Quale attività aprire all'estero?
Da quando frequento le Canarie, parlo con le persone e osservo ciò che accade e nei luoghi che frequento, mi rendo conto che la stragrande maggioranza degli italiani si reca qui per aprire un ristorante o un bar. Periodicamente si verifica sempre lo stesso teatrino: arriva l'italiano, acquista il locale, ci investe del denaro per sistemarlo, ci lavora per un paio di stagioni, si accorge che non funziona (posizione, problemi burocratici, crisi ecc.) lo rivende ad un altro italiano e tutto ricomincia.
Questo esempio serve, da un lato per farci comprendere l'importanza di raccogliere più informazioni possibile, dall'altro che non siamo certamente noi i più furbi ed i più abili. Se un'attività è in vendita è molto improbabile che non sia una miniera d'oro, anche perché gli abitanti del luogo non sono degli sprovveduti, sanno bene quali sono i business che funzionano e quelli che collezionano un fallimento dietro l'altro, per cui o siamo estremamente fortunati, oppure le vere occasioni se le accaparrano i locali, come ho visto accadere numerose volte.
Ricordiamoci inoltre che anche se siamo bravi e competenti, agli occhi dei locali saremo sempre degli stranieri e in generale degli stranieri si tende a non fidarsi, per cui dobbiamo valutare anche questa sorte di effetto collaterale, che ad esempio si può concretizzare nella difficoltà a reperire clienti, lavori e concretizzare tutto in ordinativi.
Dunque se vogliamo aprire un'attività all'estero la scelta più saggia è quella di esportare un business nuovo, che vada a coprire quelle nicchie di mercato che sono attualmente scoperte. Ad esempio nei paesi in via di sviluppo sono numerosi i servizi assenti, soprattutto quelli legati alle nuove tecnologie, ad internet, al risparmio energetico ed in generale tutte quelle attività che da noi hanno preso piede prepotentemente ma che là non sono ancora “arrivate”. Certo è che l'unico modo per capire cosa manca in un determinato luogo è quello di frequentarlo, ma il fatto di doversi limitare ad esportare qualcosa che da noi si è già diffuso, limita di molto il rischio di compiere quei tipici passi falsi in cui è facile incorrere quando si è pionieri e si deve investire tempo e denaro.
Questo è l'unico vero segreto per avere successo aprendo una propria attività all'estero, perché imitare gli altri limitandosi ad aprire il solito ristorante o bar, difficilmente ci porterà lontano; studiare invece l'economia di un luogo, comprenderne le esigenze e avviare qualcosa di innovativo (per loro) è una strategia che ho visto funzionare in moltissimi casi.
Conclusioni
Come abbiamo potuto comprendere dalla lettura di questo articolo, non è possibile dare indicazioni puntuali su come avviare un'impresa all'estero, perché ogni paese del mondo ha la propria burocrazia, il proprio iter, requisiti e tempi di attesa differenti. Su questo blog sono presenti una ventina di articoli che parlando dei luoghi più interessanti del mondo dove trasferirsi, con anche indicato l'iter esatto da compiere per avviare un'impresa all'estero, il problema è che queste informazioni diventano obsolete dopo pochi mesi, per questo è importante chiedere un consulto a degli esperti, soprattutto se il primo step è gratuito.
Ciò che qui mi premeva trasmettere erano i motivi per i quali i nostri compatrioti spesso falliscono miseramente quando espatriano per cercare fortuna all'estero, e spiegare come mai la strada giusta da seguire è quella di esportare un business atipico, anticipando i tempi e creando qualcosa di vero valore.
Caro Francesco, fino a qualche anno fa avevo un'azienda e l'ho chiusa anche se andava bene. Ero stanco del commercialista, del consulente del lavoro, della banca, degli F24, degli studi di settore, della camera di commercio, del saldo delle tasse, degli acconti, dell'INPS, dell'INAIL... La sola idea di aprire un'attività mi fa venire la pelle d'oca! Siamo proprio sicuri che all'estero sia meglio? Si potrebbe rischiare di passare dalla padella alla brace... Ormai sono arrivato alla conclusione che meno si fa e meglio è! Accontentiamoci di poco e godiamoci la vita!
RispondiEliminaFred
dirrei molto impegnativo
EliminaCiao...Fred ho apprezzato il tuo commento e condivido il tuo pensiero...ma scusa la domanda indiscreta se hai chiuso l'azienda come ti mantieni adesso? Proprio oggi pensavo a quelli che vanno all'estero a lavorare anche con la speranza di realizzarsi visto che in Italia è difficile, io per campare faccio tanti piccoli lavori ho messo da parte l'aspirazione di una carriera perché ho realizzato che pure nel caso ci riuscissi avrei speso tutta la mia vita per conseguirla e per cosa poi? Inoltre mi capita di constatare di persona che anche chi ce l'ha una carriera non è così felice come immaginavo...certo non ho uno stipendio ma ho imparato ad essere felice delle piccole cose.
EliminaIsa
penso che con altre attivita, gen : lavorare, rubare ect... una cosa lo dovra pur fare
EliminaIsa, ho chiuso l'azienda con 13 dipendenti quanche anno fa anche se, con le richieste che avevo, avrei potuto assumere diverse altre persone.
EliminaAdesso faccio delle consulenze per meno di 100 giorni l'anno, amministro i miei risparmi con oculatezza e coltivo i miei hobby che grazie al baratto di alcuni beni e servizi (il baratto non è tassato) mi forniscono diverse cose utili.
Fred
Tagliare, ridurre, riciclare, barattare ... tempo per le relazioni ... credo sia questa la felicità, la miglior carriera che possiamo fare
RispondiEliminaMah infatti segno della crisi, un tempo si era x vivere di rendita o smettere di lavorare oggi che c... fortuna si cerca come lavora aprire estero ragazzi unica via è essere felici con meno stress tanto in sistema prima o poi la si paga soci moglie divorzi commercialisti che vi fregano o altro unica è vivere con sacrifici quasi a rifiuto di socialità per poi arrivare ad averne più in là e vivere davvero estero o qui senza lavorare certo unico pegno a questo sono anni duri di solo da fare e anni di non essere però altra maniera provate invitare vostro amico nessuno può venire come a 18 20 perchè moglie figli casini compagno a il restare liberi in tutto pone sacrifici altissimi ma alla fine si è ripagati da vivere quei 18 20 30 anni davvero senza far nulla i ricchi non stanno meglio crisi aziende stress concorrenza sfitgi valori case altro ecc ecc
RispondiEliminaUnica vita è liberi da tutto purtroppo non è per anni vita allegra ma dopo si ritorna a cene pub disco stile uni o liceo altra maniera si è sempre schiavi di qualcosa qualcuno
ma hai bevuto o mangiato un cartone?
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