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Come comportarsi ad un colloquio |
Ogni tanto dedico un articolo su tecniche per ottenere un lavoro, in questo caso come affrontare un colloquio, non perché mi piaccia essere incoerente con quello che dico, ma perché smettere di lavorare ha esattamente questo significato: cambiare la propria vita trovando la miglior soluzione per se stessi. Per alcuni questa scelta può essere vivere senza lavorare, per altri rallentare, per altri ancora trovare semplicemente l'impiego che li appaga.
Nel progetto smettere di lavorare c'è un tempo per accumulare denaro e farlo fruttare e un tempo per godersi la vita; in questo articolo ci concentriamo sulla prima parte, imparando come usare alcuni trucchi della mente per avere le migliori chance di superare un colloquio di lavoro.
Due semplici regole
La maggior parte delle persone si presenta ad un colloquio di lavoro senza prepararsi adeguatamente, ma questa non è una mossa molto furba da fare, soprattutto se di quel lavoro abbiamo bisogno e vogliamo avere il più alto numero di probabilità di farcela. Un colloquio di lavoro è un esame a tutti gli effetti, ma è caratterizzato da due aspetti principali:
- Ci verranno poste delle domande che solitamente sono sempre le stesse.
- Ci troveremo di fronte ad un essere umano, istruito per analizzarci, ma non privo di debolezze.
A differenza di un classico test quindi qui non si tratta di essere preparati a 360°, ma solo di avere la risposta giusta alle domande che ci porranno e di comportarci nel modo che un esaminatore si aspetta. Questi sono i due semplici segreti per emerge tra decine o candidati, tutti preparati e competenti, forse anche più di noi: andiamo insieme a capire come tutto questo si mette in pratica.
Conoscere in anticipo le domande
Ad un certo punto della mia vita, più o meno nel 2005, mi sono licenziato dalla grande azienda d'informatica bancaria per cui lavoravo e ho dovuto affrontare un enorme numero di colloqui di lavoro, riuscendo infine a farmi assumere in una grande azienda di software per la sanità pubblica e privata. L'elevatissimo numero di colloqui sostenuti mi ha fatto comprendere come le domande che ci vengono poste siano sempre le stesse, questo perché gli esaminatori le cercano sui libri o su internet. Qui riassumo le domande che quasi sicuramente ci verranno poste, con tanto di spiegazione sul perché ce le pongono e con la risposta migliore che possiamo dare.
Perché vuoi questo lavoro? Ce lo chiederanno per sapere se stiamo cercando un lavoro a caso o siamo interessati proprio a quell'azienda. Un datore di lavoro preferisce persone che hanno un buon motivo per lavorare nella sua azienda, perché saranno più motivate. Prima di un colloquio visitiamo il sito web dell'azienda per apprendere alcune info di base, come i campi imprenditoriali in cui spazia, il numero di dipendenti, se opera anche all'estero e qual è il capitale sociale.
Dimmi i tuoi pregi e i tuoi difetti: Ci chiederanno quali sono i nostri pregi per capire che tipo di persona siamo e quali sono i nostri valori. Un'ottima risposa è dire che siamo in grado di lavorare in squadra e che siamo sempre in sintonia con le persone. Un'altra ottima risposta è dire che non molliamo fino a quando le cose non sono state fatte. Nei difetti evitiamo di dire che non ne abbiamo, non sarebbe credibile, invece parliamo di quei difetti che non hanno nulla a che vedere con il lavoro, ad esempio non è il caso di riferire che siamo disorganizzati o dei ritardatari cronici. Il massimo lo si ottiene facendo passare per difetti aspetti di noi che in realtà sono pregi come ed esempio: "Mi rendo conto di rompere le scatole alle persone fino a quando non fanno come gli ho detto" oppure "Ho sempre bisogno di un traguardo da raggiungere", "Non riesco a restare senza far niente".
Con chi vorresti lavorare: Questa domanda serve a capire se siamo adatti al tipo di ambiente presente in quel posto di lavoro, quindi se saremo adeguati o meno. Non possiamo sapere prima con che persone lavoreremo, ma possiamo sempre riferire che siamo persone molto elastiche e che ci adattiamo a tutte le situazioni, che difficilmente non andiamo d'accordo con qualcuno e che quindi l'ambiente lavorativo è un problema secondario.
Successi e insuccessi del tuo precedente lavoro: Questo non serve tanto per capire se siamo o meno bravi in quello che facciamo, ma principalmente per comprendere quale è il nostro approccio alla risoluzione dei problemi e, nel caso dei successi, quanto veramente ci interessano le sfide. Quando stiamo affrontando il colloquio di lavoro, parliamo degli insuccessi riferendo che da questi abbiamo imparato molto e che poi non abbiamo più ripetuto l'errore; ci sono serviti da lezione insomma. Quando parliamo dei successi facciamo intendere che sono state delle vere e proprie soddisfazioni personali, che hanno aperto a nuove possibilità per noi e per l'azienda, insomma che le nostre capacità e intuizioni sono preziose.
Domande per metterci in difficoltà: Gli esaminatori più navigati vogliono vedere come reagiamo in situazioni difficili, per cui è probabile che porranno una o due domande che ci metteranno in difficoltà o in imbarazzo. La regola numero uno per rispondere ad una domanda a cui preferiamo non rispondere è fare un'altra domanda, cioè cercare di sviare il discorso per non rispondere. Ad esempio se ci domandassero "Come mai sei stato licenziato dal precedente lavoro", non siamo tenuti a spiegarlo, possiamo rispondere facendo un discorso generale come ad esempio:
"In questi anni di crisi, lo abbiamo visto tutti, le aziende hanno dovuto ridurre il personale per mancanza di ordinativi, mi domandavo infatti se questa azienda avesse accusato il colpo oppure se è così solida da resistere alla crisi: ci sono stati licenziamenti negli anni passati oppure siete riusciti a salvaguardare i vostri lavoratori?".
In questo modo abbiamo risposto facendo intendere qualcosa che potrebbe anche non essere vero, e cioè che siamo stati licenziati per colpa della crisi, tuttavia non lo abbiamo mentito, e poi abbiamo rigirato la domanda portando il discorso su un altro piano.
Se l'esaminatore non è esperto risponderà, e noi, fingendoci interessati, ad un certo punto lo interromperemo ponendo un'altra domanda sull'argomento. A questo punto saremo così lontani dalla sua richiesta iniziale che, con tutta probabilità, si continuerà a parlare d'altro.
Pilotare ogni "tell" del nostro corpo
Ricordiamoci sempre che, soprattutto le grandi aziende, si affidano a personale qualificato per la selezione dei candidati, per questo motivo il colloquio di lavoro è un vero e proprio esame psicologico, durante il quale anche il nostro linguaggio del corpo dice molto di più delle nostre parole. Questi segnali vengono definiti "tell", cioè indizi che rivelano aspetti di noi che è preferibile tenere nascosti.
La prima regola è, appena arrivati, dare una forte stretta di mano (senza esagerare, eh) al nostro esaminatore, in modo da trasmettere un senso di sicurezza e apparire persone decise e determinate, ricordandoci di guardare dritto negli occhi chi abbiamo di fronte. Lasciamo che sia lui il primo a distogliere lo sguardo, in questo modo partiremo già in una sorta di vantaggio psicologico nei suoi confronti.
Quando ci sediamo evitiamo di stravaccarci sulla sedia; assumiamo una posizione eretta e leggermente protesa in avanti in modo da trasmettere un senso di serietà ed interesse. Il nostro corpo tende a spingersi indietro (allontanarsi) quando sta sulla difensiva e protendersi (avvicinarsi) quando siamo sicuri di noi, per cui una leggera inclinazione frontale è la postura corretta. Evitiamo anche di incrociare le braccia, chiaro segno di chiusura rispetto a chi ci sta di fronte.
Quando parliamo sforziamoci di guardare il volto della persona che abbiamo di fronte. Non è facile perché, soprattutto quando si è in situazioni di tensione o imbarazzo, si tende a fuggire con lo sguardo e guardarsi intorno, ma questo il nostro esaminatore lo sa bene, per cui guardare dritto in faccia chi abbiamo di fronte ci fa apparire non solo interessati, ma anche meno timidi di quello che siamo realmente.
Come muoviamo le mani gioca un ruolo fondamentale. Giochicchiare con oggetti o toccarsi continuamente la faccia (barba, capelli, orecchini ecc.) trasmette un senso di ansia, inadeguatezza e talvolta anche scarsa maturità. Un buon trucco per evitare tutto questo è tenere in mano una penna e prendere appunti. Ricordiamoci sempre che un colloquio è un momento per apprendere dettagli importanti sull'azienda, dettagli che faremo bene ad appuntarci su un blocco note. Questa strategia ha un altro vantaggio: se appariremo interessati all'azienda non sembreremo dei disperati in cerca di un lavoro qualsiasi, ma persone di valore che stanno scegliendo tra varie opportunità.
Per ultimo l'aspetto più sottovalutato, cioè fare prima una prova generale di colloquio. Quando la casa editrice m'invita a tenere una conferenza in grandi e prestigiosi eventi, come ad esempio il "Salone del Libro" o il "Sana", so già che parlerò di fronte ad un folto pubblico e non posso certo permettermi di improvvisare. Voglio che il mio intervento sia efficace, duri il tempo giusto e che io sia in grado di rispondere alle domande che mi vengono poste. Sarebbe sciocco non prepararsi ad un incontro così importante, e così mesi prima preparo un discorso e poi lo imparo e lo ripeto a voce alta decine di volte, anche quando vado a correre nei boschi o lungo l'oceano. In un colloquio ci chiederanno sempre di parlare di noi, dei lavori che abbiamo fatto e delle nostre aspettative future, quindi questa chiacchierata va scritta nero su bianco e imparata, non dico a memoria, ma quasi, in modo che sia completa, concisa e che duri il giusto.
Influenzare l'esaminatore
Ciò che abbiamo appreso fino ad ora ci è di grandissimo auto per capire se l'esaminatore che abbiamo di fronte sia un improvvisato del mestiere o un professionista dei colloqui. Lo capiamo da come è vestito, dalle domande che fa e da come ci guarda. E' importante essere noi, per primi, ad esaminare lui per capire con chi abbiamo a che fare. Meno l'esaminatore è formato più probabilità abbiamo di riuscire ad influenzare la sua decisione con alcuni trucchi psicologici, soprattutto perché difficilmente si aspetta di aver a che fare con persone così sveglie ed intelligenti da sapere non solo comportarsi in modo strategico, ma addirittura influenzarlo nelle decisioni.
Prima di tutto "annuiamo" (facciamo segno di sì con il campo) mentre l'altro sta parlando, non di continuo, ma ogni tanto, in modo tale da entrare in sintonia con lui e non farlo sentire a disagio. Nessuno ama parlare con un muro, tutti vogliono essere capiti. Ogni tanto chiediamo qualcosa, in modo da dimostrare che stiamo seguendo, oppure interveniamo dicendo "certo", "sì, sono d'accordo". Per farlo sentire a suo agio imitiamo anche la sua postura sulla sedia.
In secondo luogo ricordiamoci di stare calmi e parlare piano. Questo è un difetto che personalmente ho dovuto limare con non poche difficoltà, ma i risultati poi sono stati eccezionali. Più siamo irrequieti più tendiamo a rispondere velocemente e senza riflettere, aumentando esponenzialmente il rischio di dire fesserie durante il colloquio. Stando calmi faremo credere a chi abbiamo di fronte di essere estremamente serie e maturi.
Importante è anche non ridere troppo; molti di noi hanno la tendenza a concludere le frasi con una breve risatina, se non siamo soliti farlo proviamo a notarlo negli altri, scopriremo che è più frequente di quello che si crede. Si tratta di una risata nervosa che ha due scopi, il primo è provare a rendere il contesto più familiare cercando di indurre l'altra o a sorridere, dall'altro è un evidente segnale di timidezza mascherata dietro una finta aura di simpatia e allegra apertura. Chi è abituato a guidare i colloqui di lavoro sa leggere questo segnale e ne interpreta il significando, lo sfrutta anche a suo vantaggio per farci sentire a nostro agio (quando vuole), oppure alzare un muro per provare a stressarci e valutare come reagiamo. Impariamo semplicemente a non ridere mai dopo una frase, eviteremo di mandare all'altro segnali che è preferibile non trasmettere.
Infine vestiamoci in modo adeguato all'impiego che ci stanno offrendo. Vestirsi in maniera elegante non è sempre la scelta giusta; il miglior risultato è quello di vestirsi come se fossimo dei personaggi che interpretano una parte. Il nostro esaminatore difficilmente si accorgerà di questo dettaglio, ma nella sua mente si creerà un'immagine di noi molto vicina all'immagine che ha del candidato perfetto. Ad esempio se stiamo concorrendo per un posto da grafico o creativo, vestirsi in modo vagamente stravagante gioca a nostro favore, ammesso che venga fatto con gusto.
Conclusioni
La conoscenza è quell'insieme di nozioni che ci permettono di comprendere al meglio la realtà ed esserne consapevoli. Nel contesto lavorativo, soprattutto quando dobbiamo sostenere un colloquio, è molto importante capire come agiscono i professionisti, conoscere le loro armi e giocare d'anticipo su tutti, in modo da essere noi quelli che hanno la più alta probabilità di essere scelti.
Come abbiamo visto, nel processo di selezione non è il più preparato o competente a prevalere, ma semplicemente quello che è in grado di giocarsi meglio le sue carte. Essere intelligenti o preparati e mandare tutto in fumo perché non sappiamo controllarci o assumiamo comportamenti che ci mettono in cattiva luce, è una grande perdita di opportunità. Con questo articolo spero di aver dato a chi ne ha bisogno una serie di utili consigli, non per barare, ma per affrontare al meglio un colloquio di lavoro che può cambiargli la vita.
Ottimo articolo Francesco. Io penso che l'obiettivo principale degli esaminatori sia lo scartare le cosiddette "Monete false", ovvero coloro che si spacciano per quello che non sono. Tutti gli esaminati, durante il colloquio, danno all'esaminatore le risposte che pensano che egli voglia sentirsi dare, ignorando che una risposta sincera e coerente avrebbe sicuramente un effetto migliore su chi li ascolta
RispondiEliminaCaro Francesco, permettimi innanzitutto di dirti 'grazie di esistere' perché davvero le tue parole, il tuo esempio, la serietà con cui tratti e spieghi i vari temi, l'onestà intellettuale, l'adesione al più concreto reale e tanto altro, costituiscono per me un utile faro ed una preziosa fonte di ispirazione. Io sono una disoccupata che ha perso l'impiego in età non più giovanissima, e che a risorse ormai esaurite cerca comunque di ritrovare lavoro, inseguendo pure il sogno di riuscire un giorno a non dipendervi più. A questo proposito, volevo dirti che ultimamente mi è capitato un colloquio, occasione sempre più rara. Durante l'attesa mi sono messa a leggere questo tuo articolo con lo smartphone, e mi ha prontamente ispirata: sono riuscita a fare un'ottima figura. Pur fornendo risposte sincere, ho cercato di impostarle in un determinato modo, pilotando i discorsi verso un possibile interesse ed apprezzamento dell'esaminatore. Difficile che verrò presa, per la presenza già di una montagna di candidature, ed anche per il fatto che tale ruolo, per quanto stupido (addetto back-office), pare sia diventato da terno al lotto, un privilegio per pochi eletti... Ad ogni modo, la soddisfazione di aver sbaragliato l'esaminatore, grazie anche al tuo articolo, non ha prezzo. - Alessandra (Roma)
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