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c'è un modo migliore per fare carriera |
Viviamo in tempi difficili, dove il lavoro scarseggia e pur di campare accettiamo qualunque condizione, qualunque sopruso o umiliazione, in silenzio, perché se ci ribelliamo rischiamo di perdere tutto, di essere licenziati. Sappiamo bene che là fuori c’è una lunga coda di soldatini pronti a rimpiazzarci per la metà dei soldi che percepiamo, un’orda di disperati, vittime del sistema che sono stati prima sfruttati e poi abbandonati come cani in autostrada.
C’è una soluzione, un potere che ognuno di noi può esercitare per fermare tutto questo ed evitare che si ripeta nuovamente e, al contempo, trovare il lavoro che fa al caso suo.
Il mercato della carne umana
Sono conscio del fatto che la maggior parte di noi sia mossa dalle migliori intenzioni, d'altronde quello che conta è riuscire ad arrivare a fine mese, a portare a casa la pagnotta per sfamare la famiglia. Ce lo dicono tutti, fatti furbo, lavora e stai zitto, che chi alza la cresta perde il posto e poi come fa? Lascia perdere, non ti conviene fare il prezioso, abbassa lo sguardo e produci, che hai una famiglia da mantenere.
Quando si tratta di guardare nel nostro orticello, di tirare acqua al mulino, siamo bravissimi a soprassedere a qualunque principio, salvo poi indignarci quando quegli stessi valori vengono infangati dagli altri. Un impiegato di banca che, in modo cosciente, propone ad una famiglia di risparmiatori d‘investire in un prodotto palesemente scadente solo perché su quel pacchetto di titoli ha la commissione più alta, sta truffando, sta mettendo la sua sopravvivenza un gradino sopra quella degli altri. Quando ci commuoviamo di fronte ad una foto di un bambino che ha perso entrambe le gambe per via di una mina anti uomo, quando pensiamo a come la sua vita sia finita ancor prima d'iniziare e a quanto siamo fortunati ad avere un figlio della stessa età che può correre felicemente, riflettiamo anche sul fatto che chi è dipendente di un’azienda che, anche lontanamente, ha a che fare con l’industria bellica, ne è responsabile.
In questi contesti non siamo migliori dei politici che rubano i nostri soldi per comprarsi lo yacht da sogno o dal malvivente che uccide una signora anziana per poterle via la pensione. Facciamo schifo uguale.
Tuttavia, se alziamo il tappeto sotto troveremo molto di più su cui riflettere. Anche ammettendo d'essere talmente egoisti da riuscire a vivere serenamente ignorando la nostra coscienza, c’è un aspetto che non possiamo ignorare: questi comportamenti e queste scelte sono la causa primaria della disperata situazione in cui oggi tutti versiamo, ora vi spiego il perché.
La valorizzazione dell'essere umano
Se gli esempi che ho riportato fino ad ora non rappresentano nulla di nuovo e sono talmente paradossali da indurci a pensare che nessuno possa vivere serenamente sopportando il peso di una tale responsabilità, esiste anche una sottile relazione tra i lavori “normali” che tutti quotidianamente facciamo e lo stato di miseria ed infelicità in cui la società si è ridotta.
Terminati gli studi, tutti, tranne rarissimi casi, prima o dopo pensano a trovare lavoro, esistono agenzie che possono aiutarci a farlo, guide su come trovare lavoro, scrivere il curriculum perfetto e affrontare i colloqui nel migliore dei modi. Esistono strategie precise per avere la maggior probabilità di successo nei quiz a risposta multipla e social network che mettono le aziende in contatto con migliaia di potenziali dipendenti. Su "come trovare un impiego" si è scritto molto, ma non ho ancora trovato qualcuno del “settore” che spieghi alle persone l’importantissima differenza tra fare un lavoro piuttosto che un altro.
Moltissimi lavori non sono adatti a noi, non perché non ne abbiamo le competenze (che possono essere acquisite) ma perché certi ruoli richiedono capacità derivanti da una particolare educazione, dalla "fortuna" di essere cresciuti in determinati ambienti e con valori precisi. Faccio subito un esempio: essere un leader, in qualunque campo d’applicazione, non significa solo conoscere meglio degli altri una determinata tematica, lavorare di più e credere nella mission aziendale, un buon capo è principalmente un grande comunicatore, che sa capire a colpo d’occhio se i propri collaboratori sono felici, che sa valorizzare il singolo, difenderlo quando necessario e incoraggiarlo quando perde fiducia. Queste capacità sono
doti umane, non hanno nulla a che vedere con l’istruzione o lo stipendio che percepiscono e, ahimè, di capi così se ne trovano veramente pochi.
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Un altro esempio a caso lo possiamo trovare nella figura della segretaria: per quanto si tratti di un ruolo di scarso rilevo, la segretaria rappresenta l’intera struttura che le sta alle sue spalle, è spesso la punta dell’iceberg di un organigramma molto complesso, l’interfaccia con clienti che si faranno un’idea (a pelle) della professionalità e della cortesia di una determinata azienda, dal modo di fare della segretaria con cui hanno parlato. Anche qui, essere persone empatiche, disponibili, serie e cortesi non s’impara sui banchi di scuola, è la vita, l’ambiente in cui siamo cresciuti ad insegnarci tali valori, che ovviamente non tutti possiedono.
Tutto questo per dire che ci sono lavori che difficilmente saremo in grado di svolgere con successo e altri invece che ci calzano a pennello: invece di chiederci come trovare lavoro, in prima analisi dovremmo soprattutto domandarci quale lavoro cercare in base alle nostre capacità e aspirazioni. Questo, mi pare, non venga mai tenuto in considerazione, eppure è la chiave per il successo e la soddisfazione personale.
Sono profondamente convinto che sia questo il motivo principale per cui le persone sono insoddisfatte, stressate e demotivate; a tutti i livelli non si tiene in considerazione che il curriculum non contiene tutte le informazioni atte a stabilire se una persona è in grado o meno di fare bene un compito! Assistiamo a dirigenti che assumono persone con il preciso scopo di eleggerli al ruolo di leader, semplicemente basandosi sulle competenze o su un colloquio di pochi minuti, ma come è possibile trovare la collocazione lavorativa giusta per una persona, se non si ha la minima idea di come questa si relazioni con gli altri?
Non facciamo un lavoro a caso!
Trascurare questo aspetto è l’esatto motivo per cui abbiamo capi incapaci di fare il proprio lavoro, dipendenti infelici, scarsa produttività e pochissima qualità in quello che viene prodotto. Di questo siamo tutti colpevoli, noi in primis, perché pensiamo solo a come trovare lavoro, non importa quale, basta che ci venga versato lo stipendio e apparentemente tutto va bene.
Ancora una volta dimostriamo di non essere capaci di ragionare fuori dagli schemi, di imitarci a vicenda e di affrontare con superficialità la
ricerca del lavoro; il lavoro che faremo condizionerà la nostra vita sotto ogni aspetto, visto che l’impiego ci ruberà l’80% del tempo di cui disponiamo da qui alla fine dei nostri giorni. Eppure lo scegliamo con una leggerezza disarmante.
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Così facendo non solo saremo condannati ad essere infelici per tutta la vita, ma sprecheremo il nostro talento. Ognuno di noi ha una naturale predisposizione per occuparsi di qualcosa di preciso, un campo in cui riesce meglio, nel quale si può veramente sentire appagato, ma di questo non ce ne preoccupiamo, l’unica cosa che ci interessa è trovare lavoro, perché senza lavoro non siamo capaci di concepire la vita. Ci hanno insegnato che l’unica cosa giusta da fare è lavorare, produrre e portare a casa la pagnotta, ma nessuno ci ricorda mai che le più grandi opere, scoperte ed invenzioni sono state partorite da individui che hanno saputo inseguire i propri sogni, dedicarsi notte e giorno alla vocazione naturale che gli è stata donata e che spesso hanno vissuto nella povertà. Oggi non avremmo la
Sagrada Familia se
Gaundì si fosse accontentato di fare il garzone di bottega o probabilmente non saremo stati in grado di andare sulla Luna se
Albert Einstein avesse deciso di lavorare nell’azienda di famiglia, invece che dedicarsi allo studio della fisica e della matematica.
Non limitiamoci a capire come trovare lavoro, facciamo un passo oltre e cerchiamo prima di capire quale attività lavorativa possa realmente valorizzare l’opera d’arte che siamo e far emergere la nostra unicità. In questo processo, poi, non pensiamo nemmeno lontanamente ai soldi, non dobbiamo aver paura di trovare un lavoro pagato poco se questo ci piace e ci permette di esprimerci, perché il segreto della felicità sta nel fare ogni giorno qualcosa che ci motiva e ci spinge ad essere persone migliori, non nell'accumulare soldi o fare carriera.
Fare carriera in un ambiente ostile non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico.
E poi
Incominciamo con il rifiutarci categoricamente di lavorare per aziende che basano il proprio business sullo sfruttamento degli altri, sia fisico che psicologico, non sto parlando solo di chi opera nel campo degli armamenti, ma anche in quello del gioco d’azzardo, della speculazione finanziaria, delle
Medicine che Non Funzionano, delle pubblicità ingannevoli, delle banche poco etiche e, più in generale di tutti coloro che promuovo il superfluo, ingannando le persone.
Non ci possiamo definire belle persone se, su questo piano, scendiamo a compromessi. Possiamo scegliere di convivere con questo peso, ma non aspettiamoci di essere felici. Possiamo chiudere entrambi gli occhi ed andare avanti, ma riflettiamo sul fatto che così facendo contribuiremo ad un mondo peggiore, lo stesso mondo dove vivranno i nostri figli. Siamo pronti ad assumerci la responsabilità dell’infelicità delle stesse creature che con tanto amore abbiamo deciso di mettere al mondo? Perché di questo si tratta, se ci ostiamo ad essere gente comune che non alza la testa e non mette mai in discussione i meccanismi che muovono la società, se non diamo noi per primi l’esempio su "come trovare un lavoro piuttosto che un altro" faccia la differenza, non possiamo pretendere che la vita dei nostri cari possa essere migliore della nostra.
Se non troviamo la forza per farlo per noi stessi, almeno facciamolo per loro.
Conclusioni
Aspetto da tempo che si avverino le prospettive ipotizzate da Jeremy Rifkin nel suo libro
La Fine del Lavoro un futuro dove il progressivo esaurirsi del lavoro nelle fabbriche, sostituito dall'automazione di macchine sempre più sofisticate, consentirà all'uomo di dedicarsi solo ai servizi verso l'altro uomo, ridando dignità a quei lavori che oggi fanno parte della sfera del volontariato o definiti "socialmente utili". Quando finalmente la cura dei bambini, l’assistenza ad anziani e agli invalidi, la valorizzazione del patrimonio culturale, i servizi energetici, l’educazione, l’istruzione, l’arte e la ricerca diventeranno le nostre uniche occupazioni, allora non discuteremo più di
come trovare lavoro, ma di quale lavoro ci può rendere felici.
Intanto, mentre aspettiamo fiduciosi, nel nostro piccolo smettiamo di essere egoisti e proviamo a cambiare le cose, non limitiamoci a dire che non si può fare, che è troppo difficile, che non ne vale la pena. Non siamo più furbi se facciamo un lavoro che ci fa guadagnare sulla pellaccia altrui, siamo dei falliti.
Quando, 2 anni fa, avevo deciso di lasciare il mio sicuro lavoro da infermiera, in un ospedale pubblico, professione scelta per vera passione personale ed etica, a causa delle scelte manageriali della direzione sanitaria e le conseguenti ripercussioni sull'utenza ed il personale, ho scoperto che non avrei potuto, nonostante i miei 27 anni di servizio, percepire il TFR trattamento di fine rapporto, se non dopo e se tutto restava com'era, dopo ripeto, 2 anni e mezzo...ora, al tempo mi trovavo in una condizione di disagio psicologico talmente estremo che mi tremavano le mani quando dovevo eseguire qualsiasi operazione al letto del paziente, anche le più elementari, proprio io che avevo prestato servizio in reparti d'emergenza e dove lo spirito d'iniziativa e la capacità d'azione mirata e razionale in sinergia all'equipe con la quale facevo staff non avevano mai dato segni di cedimento, non posso spiegare il senso d'impotenza e la frustrazione profonda che ho provato in quel periodo, l'unica possibilità che avevo era chiedere all'ufficio risorse umane di assegnarmi a dipartimenti diversi da quelli dove stavo lavorando da 27 anni, non chiedevo la luna solo di poter provare a svolgere la mia professione in un altro ambiente, volevo provare reparti dove non avevo mai lavorato, ho sempre cercato di cambiare dopo 3 4 anni e quindi non c'erano molti luoghi dove potevo essere assegnata, ma comunque esistevano, dall'ufficio ho sempre avuto risposte negative e così visto che la situazione era diventata insostenibile, ho pensato di tornare a vivere con mia madre per poter affittare il mio appartamento e riuscire quindi a risparmiare quel tanto che mi sarebbe bastato per poter vivere i famosi 2 anni e mezzo prima di recuperare il mio TFR con il quale avrei potuto pensare di realizzare qualcosa investendolo in qualcosa di cui non starò quì a discutere, questo per dire che se si svolge una professione all'interno di un'azienda che ti mortifica come professionista e come persona, prima o poi ti ritroverai a perdere la salute oltre che ad odiare ciò che un giorno hai amato. Scappare prima di essere costretti a diventare dei criceti decerebrati perché la vita è una e le alternative esistono, non lasciarsi spaventare da ciò che i media continuano a propagandare, il terrore di perdere il posto è la leva con la quale ci viene suggerito subdolamente di non ribellarsi, di rinunciare a se stessi ai propri diritti. Volete sapere come sta andando? Sono riuscita a mettere da parte un piccolo gruzzoletto e sto organizzandomi per svolgere la libera professione, tra 2 anni ho previsto di potermi permettere di lasciare l'ospedale e trasferirmi in Costa Rica dove con il TFR potrò investire in un progetto che seguo già da 8 anni. Non rinunciamo a noi stessi. Buona fortuna a tutti.
RispondiEliminaFrancesco, quanto hai ragione!! Quando finalmente vivremo tutti dalle nostre passioni, l'intera razza umana ne beneficerà, perché ogni singola persona tirerà fuori il meglio di sé, contribuendo ad una maggiore felicità e benessere generale, per non parlare dei miglioramenti che avremmo nella tecnologia, scienze, ecc.
RispondiEliminaIo nel mio piccolo ho deciso di lasciare definitivamente una grossa società che lavora nel settore oil&gas (con contratto indeterminato) per spostarmi con mia moglie alle Canarie, preferisco ricominciare da zero, vivere con meno ed essere sicuramente più felice che svolgere compiti alienianti tutti i giorni per la paura di rimanere senza stipendio, a scapito della realizzazione di me stesso e della mia felicità.
un caro saluto da una persona che ti segue da un po'.
Diego