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lavorare la metà e vivere veramente la vita |
Non tutti sanno che, oltre al lavoro part-time, esiste (anche in Italia) un'altra possibilità di lavorare poco, facendo in modo che il nostro impegno lavorativo venga ripartito tra due figure professionali, anziché una. Per migliorare la nostra condizione di vita, e capire come vivere bene, ritengo essenziale considerare il lavoro un semplice mezzo, per guadagnare il necessario e vivere in modo semplice: serve pertanto lavorare poco e godere del tempo libero.
In questo articolo, volto come sempre a capire "come vivere bene", scopriremo il job sharing, un'opportunità, prevista dalla legge italiana, di lavorare poco, guadagnare poco e quindi essere felici, dando meno importanza possibile al ruolo lavorativo.
Lavorare non serve
Dopo decine e decine di articoli su come vivere bene senza usare i soldi, ricevo ancora messaggi di persone che mi fanno notare che "non posso essere felice" se non mi concedo il cappuccino al bar o il cinema il sabato sera. E' così tanto tempo che non vado al cinema, che non saprei nemmeno dire quanto costa oggi il biglietto, eppure questa sera (un sabato a caso) mentre giocavo a rincorrere mia figlia intorno al tavolo del salotto, e lei si nascondeva coprendosi gli occhi, mi sembrava di essere felice… ma probabilmente mi sono sbagliato.
Il lavoro ruba la vita alle persone: poiché "dobbiamo lavorare", costringiamo i nostri figli, già all'età di un anno, a passare tutto il giorno, cinque giorni la settimana, con perfetti sconosciuti, chiusi dentro asili dove vengono obbligati a rapportarsi con altri bambini, anche se non sono ancora in grado di farlo, anche se studi autorevoli dimostrano che la prematura lontananza dai genitori, può provocare seri danni.
Invece di vivere bene con poco e puntare al nostro benessere e a quello della nostra famiglia, preferiamo lavorare tutto il giorno, e spendere larga parte dei nostri guadagni in servizi ed oggetti che, in nessun modo, ci possono aiutare a vivere bene. Non abbiamo bisogno dell'ennesimo paio di scarpe per essere felici e, i nostri figli, vogliono padri e madri con cui giocare, non figure assenti, che la sera li piazzano davanti al televisore perché troppo stanchi per badare loro.
Sorrido quando leggo che le famiglie italiane stentano ad arrivare a fine mese, e poi
Confcommercio pubblica uno studio che dimostra che negli ultimi 10 anni le spese per i cellulari sono aumentate del
77% e quelle per televisori, pay-tv ed elettronica del
21%. Per carità, persone con serie difficoltà ci sono (e ci sono sempre state), e lo Stato italiano dovrebbe aiutarle anziché incentivare il gioco d'azzardo rendendo tutti più poveri, ma quando mi raccontano di aver chiesto un prestito in banca per pagare le vacanze estive, visto che non sono stati in grado di rinunciare alla manicure settimanale, non posso che pensare al fatto che siamo vittime di un sistema che ci ha fatto perdere anche il buon senso.
Lavorare tanto non serve, anzi, ci rovina, si può lavorare la metà, smettere di desiderare e comprare tutto quello che ci capita sottomano e vivere bene; in questo senso il lavoro ripartito può rivelarsi una soluzione interessante, che tuttavia va conosciuta e studiata, perché nasconde qualche insidia, da cui è possibile tutelarsi.
Di cosa si tratta
In maniera molto semplice, due lavoratori decidono di
condividere il posto di lavoro, dimezzando il carico di ore pro-capite e sostituendosi a vicenda, qualora fosse necessario. Il tutto è disciplinato dalla
D. Lgs. n. 276/2003, art. 41 - 45. e presenta le seguenti caratteristiche:
- Deve essere formalizzato in modo scritto;
- E' di tipo "dipendente" (cioè subordinato) anche se c'è un'eccezione che vedremo dopo;
- Va specificata la percentuale in cui il lavoro è ripartito tra i due dipendenti;
- Può essere a termine o a tempo indeterminato.
S'intuisce subito che la principale differenza tra il lavoro ripartito e quello part-time, è la flessibilità, cioè la possibilità di scegliere la "quantità" di lavoro che vogliamo eseguire. Questa opportunità fa in modo che l'impiego possa meglio conciliarsi con le nostre esigenze di vita, aspetto determinante quando si cerca un modo per vivere bene. Il trattamento economico è proporzionale alle prestazioni lavorative effettivamente eseguite, inoltre, come vedremo tra poco, l'impegno può essere modificato nel tempo e adattato ai bisogni del singolo.
Regole
Se il nostro scopo è quello di lavorare meno, godendo al contempo di una buona flessibilità, che ci aiuti a mettere al primo posto la famiglia e gli interessi personali, questa forma di lavoro è certamente quella che fa al caso nostro. Avremo l'opportunità di vivere bene, decidendo autonomamente i tempi di lavoro, anche di settimana in settimana. I lavoratori, infatti, possono gestire autonomamente la ripartizione dell'attività, ed effettuare sostituzioni fra loro, come meglio credono.
Se le previsioni del tempo dicono che domani sarà una bellissima e calda giornata autunnale, un "lavoratore ripartito" potrà scegliere di non lavorare, facendosi "sostituire" dalla sua "controparte", al fine di programmare una gita con gli amici o la famiglia, ripagando successivamente il "favore". Stesso discorso può essere applicabile su scala settimanale o mensile; se avessimo bisogno di un mese di libertà, per viaggiare o seguire un progetto di vita a cui teniamo particolarmente, questa forma di lavoro ce lo permetterebbe.
Il datore non può opporsi alla ripartizione dell'attività lavorativa stabilita dai due impiegati coinvolti, che hanno però l'obbligo di comunicare, con cadenza almeno settimanale, tale suddivisione. Il contratto di lavoro ripartito può essere stipulato nei confronti di qualunque categoria di lavoratori, fatta eccezione per la pubblica amministrazione.
Il lavoro può essere suddiviso in modo verticale o orizzontale. Nel primo caso si può scegliere di lavorare alternativamente una settimana sì e una no, ma anche un mese o un anno, nel secondo caso ci si alterna nell'arco della giornata lavorativa;
I lavoratori possono scambiarsi liberamente i turni, a meno che non sia diversamente indicato nel contratto inizialmente sottoscritto;
Non si può delegare la propria mansione a terzi;
Ogni lavoratore ha gli stessi diritti di un "pari livello" impiegato a tempo pieno;
La previdenza sociale e assistenziale è calcolata come per i contratti part-time;
A cosa fare attenzione
Quando si stipula un contratto di lavoro ripartito, è molto importante richiedere che, in alcuni casi particolari, venga applicato un trattamento differente, rispetto a quanto previsto dalla normativa. Questo è possibile in quanto, tale rapporto, può essere meglio dettagliato e parzialmente modificato, tramite una scrittura denominata
Certificazione del Contratto, che serve sia per attestare che l'accordo sia valido (nei contenuti e nella forma) sia per la modifica di particolari condizioni contrattuali.
Perché vogliamo cambiare le regole "standard" relative al contratto di lavoro ripartito? Purtroppo, in Italia, il decreto legislativo contempla soltanto la "responsabilità in solido", ovvero il fatto che ogni lavoratore è responsabile anche per l'altro; in caso di dimissioni o licenziamento di una parte, ad esempio, il contratto di lavoro si concluderebbe, cioè si estinguerebbe anche nei confronti dell'altra parte, che magari non intende smettere di lavorare. In questo caso il datore di lavoro può decidere di convertire il contratto di lavoro ripartito in un tempo pieno o accettare la candidatura di terzi, che sostituiscano il posto vacante.
In parole povere, essendo entrambi direttamente responsabili dell'intera obbligazione lavorativa, è molto importante insistere affinché tutte le parti in gioco sottoscrivano una certificazione del contratto, dove venga specificato che, i provvedimenti e le conseguenze relative al comportamento del singolo, si ripercuotano il meno possibile sull'altro. E' inoltre essenziale concordare che, in caso di licenziamento di una parte, l'altra abbia il diritto di essere convertita in altra forma d'assunzione, sia essa part-time o a tempo pieno.
Facsimile

Per agevolare chi intendesse praticare questa particolare strada, e cercare di vivere bene, ho preparato un facsimile del contratto di lavoro ripartito, che può essere modificato ed integrato dal datore di lavoro, con eventuali specifiche del caso. Il facsimile è scaricabile a
QUESTO INDIRIZZO in formato doc.
Per approfondire l'argomento consiglio la lettura delle seguenti autorevoli fonti:
Wikipedia
Vivere bene, lavorare meno
Ogni opportunità di lavorare meno è da considerarsi una buona strada da seguire quando s'intende capire come vivere bene, dedicando tempo ed energie a se stessi, alla famiglia e concedendosi sul piacere di una vita serena, lontani dalla follia del lavoro obbligato. Non abbiamo bisogno di sentirci realizzati nel lavoro, lasciamo che siano gli altri a mettersi nei guai, accettando ruoli di responsabilità per una manciata di luridi euro, vivendo nell'ansia di non essere all'altezza delle aspettative, di dover dimostrare quotidianamente il proprio valore, lavorando più degli altri, quando invece potrebbero timbrare il cartellino alle 5 spaccate, e correre a casa ad abbracciare la propria famiglia, impiegando in modo molto più intelligente, tempo ed energie.
Mi piacerebbe ricalcare questi concetti, e presto lo farò in un apposito post, per ora spero almeno di aver dato qualche spunto interessante a chi stesse cercando una soluzione che gli permetta di conciliare meglio la vita vera con la schiavitù del lavoro.
E' fantastico, non sapevo proprio che esistesse questa possibilità! L'unico problema è trovare un collega (o, se si è disoccupati, un amico lavoratore) che condivida la stessa idea e sia disposto a sottoscrivere questo contratto con noi... purtroppo per la mentalità corrente la vedo difficile...
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