Strategie per Smettere di Lavorare (Parte 4)

come essere felici senza denaro
Il cambiamento porta con se molti
aspetti inattesi, vivere felici ha un prezzo
Siamo ormai arrivati al quarto capitolo sulle strategie da attuare al fine di smettere di lavorare e vivere felici, in questo nuovo tassello del nostro percorso vorrei analizzare e approfondire alcune delle conseguenze della nostra scelta. Essere felici è lo scopo del nostro viaggio, il patto che abbiamo stretto con noi stessi è concreto e sincero, ma a cosa andiamo incontro smettendo di lavorare? 
Superato il problema economico quali insidie inaspettate possiamo trovate? Rivisitiamo i punti che fino ad oggi abbiamo analizzato:






Una volta stabilita la quantità di denaro che ci serve per vivere, raggiunta l’indipendenza economica e ridotta al minimo quella energetica; trovato il coraggio di attuare il cambiamento e di intraprendere la strada verso la felicità, cosa ci aspetta?


RISVEGLIARSI SENZA LAVORO


La sveglia non suona. Un silenzio strano al quale non sei mai stato abituato; senza il terribile suono della schiavitù quotidiana riesci a dormire solo un po’ di più; sei riuscito a cambiare vita, ma il sistema per anni ti ha addestrato ad alzarti presto, a scattare fuori dal letto anche se avresti preferito morire, e questa triste abitudine non se ne andrà facilmente.  La sensazione di svegliarsi accarezzati dai raggi del sole che penetrano dalle tapparelle semichiuse è inebriante, ha quel sapore delle domeniche mattina di primavera, di spensieratezza adolescenziale in pantaloncini e maglietta, di noncuranza del futuro. Nessun capo stressato ti aspetta, nessun ingorgo urbano di automobili strillanti o grigio ufficio ti imprigionerà oggi, domani, dopodomani, mai più!

Ora sei libero, puoi fare colazione con calma, senza trangugiare rapidamente la prima cosa che ti capita a tiro, con l’occhio perennemente puntato verso l’orologio; puoi assaporare il tuo caffè preparato in casa, gustare il pane che hai fatto lievitare con pazienza, spalmato di marmellata autoprodotta, senza fretta, vivendo felicemente ogni attimo con la consapevolezza di possedere un bene dal valore inestimabile, che pochi possono permettersi: Il tempo.

Aprendo la finestra, il silenzio. Nelle case, lungo le strade, un’inverosimile penuria di esseri umani, un’atmosfera da quindici di agosto in centro città: E’ lunedì e sono tutti a lavorare.



IL TEMPO SCORRE LENTO QUANDO SI VIVE FELICI


Un’immagine meravigliosa di pace e serenità, avere davanti a noi un’intera giornata da sfruttare, senza obblighi, senza correre perchè domani si tornerà a lavorare e chissà quando avremo nuovamente il tempo di fare quello che ci piace, riposare, leggere un libro, aggiustare un oggetto, andare a trovare un amico, fare una lunga passeggiata, restare sdraiati al sole senza far niente. A mano a mano che si entra nella dimensione parallela del non lavoro, dell’arrangiarsi con pochi soldi, del vivere veramente la vita, il tempo inizia a scorre in modo diverso; le giornate, non più strabordanti di decine di impegni, doveri e assurdi rituali, incastrati tra di loro come a formare un Tetris vivente, si allungano in maniera naturale, si rilassano e smettono di essere istanti che ci spariscono alle spalle.

Un po’ alla volta la testa inizia a diventare leggera, si svuota di quel peso che quotidianamente sopportiamo, la morsa attorno alle tempie si allenta, donandoci la sensazione di leggerezza tipica di quando iniziano le vacanze e dinnanzi a noi si prospetta solo il riposo; il ricordo della frenesia e dello stress quotidiano iniziano a svanire, e immediatamente ci sembra straordinariamente evidente l’assurdità della vita che prima conducevamo con tanta diligenza e obbedienza, la vita votata al denaro.

Ora non siamo più noi che corriamo dietro al tempo, è lui che si ferma ad aspettarci, ma lunghe giornate possono sembrare interminabili se non si ha nulla da fare, per questo è molto importante pianificare fin da ora come occuparle, una volta conquistata la libertà.



QUANDO E’ SEMPRE FESTA, NON E’ MAI FESTA


Quando si lavora ci si lamenta dello stress, degli impegni e della stanchezza, e si ha un traguardo continuo: finire la settimana. Il venerdì è un giorno sacro, lo viviamo come se fossero le ultime otto ore prima della scarcerazione: “Thanks God it's friday” (grazie a Dio è venerdì) dicono gli inglesi, il suo arrivo ci dona una sensazione di sollievo e serenità in grado di anestetizzarci per una settimana intera.

La perdita di questo traguardo che, per quanto falso e illusorio, contribuisce a dare un valore alle nostre giornate e uno scopo a quello che facciamo, è una mancanza da non  sottovalutare. Il senso di appagamento che si prova nel meritarsi il riposo, dopo giorni di intenso lavoro, svanisce se si ha la possibilità di decidere autonomamente quando e se impegnarsi.

Nel 1829, quando Giacomo Leopardi scrisse “Il Sabato del Villaggio” aveva già capito che la preparazione della festa (il lavoro) da più soddisfazioni della festa stessa (il riposo), di conseguenza essere nella condizione di non assaporare più l’attesa dei giorni di ozio, può sminuire la bellezza di vivere felici e senza catene. Non è così assurdo rendersi conto che con il tempo può essere facile abituarsi allo stato di libertà, vedendo svanire in breve tempo quella sensazione di benessere che ciclicamente provavamo, e che da sola riusciva a riempire le nostre giornate. 


LA SOLITUDINE, PER ESSERE FELICI


Dicevamo: E’ lunedì mattina e non c’è nessuno; martedì sarà lo stesso e così anche mercoledì, giovedì e venerdì, per tutte le settimane dell’anno. Intere giornate trascorreranno senza incontrare le persone delle quali solitamente ci circondiamo nel nostro tempo libero, lunghi pomeriggi di solitudine ci attendono, momenti nei quali sarà necessario riempire il vuoto lasciato dal lavoro. L’isolamento, soprattutto nei mesi freddi dell’anno, può risultare molto pesante; potremmo facilmente restare chiusi in casa per settimane, uscendo solo di tanto in tanto, senza però incontrare nessun conoscente, perché tutti impegnati a produrre freneticamente e a fare soldi La nostra condizione di sobrietà e l’assenza di denaro non ci permetterebbero certo di passare le giornate al bar o di viaggiare per mesi in giro per il Mondo.

Allo stesso tempo il distacco dalla società dei consumi ci cambierebbe inevitabilmente: Quando torniamo dalle vacanze, magari da un lungo viaggio in un Paese orientale, la prima cosa di cui ci rendiamo conto è che qui tutto è veloce, le persone corrono continuamente, in macchina, a piedi, addirittura con le parole. Solitamente bastano pochi giorni per riprendere il ritmo frenetico cui siamo sempre stati abituati, ma cosa succederebbe se il ritorno al lavoro non avvenisse mai, e la nostra vita continuasse per sempre a percorrere un binario parallelo? Sarebbe inevitabile un profondo cambiamento del nostro modo di pensare e di interpretare la realtà, perchè fuori dal gregge si ragiona in modo diverso e si fanno cose diverse: Si incomincerebbero ad amare quegli aspetti della vita che prima non consideravamo nemmeno.

Vedere le cose in modo diverso provoca un cambiamento di interessi, quegli interessi che ci tengono legati ad una certa fascia sociale, e che ci danno argomenti di relazione e conversazione con le persone. Se per noi perde di fascino quello che fino ad oggi ci ha inquadrati socialmente, finiscono per perdere di fascino anche le persone delle quali ci circondiamo; potrebbe quindi accadere che la scelta di smettere di lavorare finisca per indurci a rivedere i rapporti che fino ad oggi abbiamo intrapreso con amici, parenti e conoscenti. 

Bisogna quindi prepararsi mentalmente alla possibilità di perdere, non solo interesse nelle cose che prima ci sembravano importanti, ma anche in quelle amicizie e in quei legami, basati su aspetti della vita che oggi potremmo giudicare non più adatti a noi.


VIVERE FELICI HA I SUOI RISCHI


In questo breve viaggio nel cambiamento psicologico che inevitabilmente scatta nel momento in cui ci si distacca dalla società e si sceglie di vivere diversamente da tutti, ho voluto ragionare sull'inaspettato, perché sono certo che tutti noi siamo molto bravi a fantasticare su quello che di positivo la libertà ci possa portare, ma pochi immaginano il rovescio della medaglia. Eppure è abbastanza naturale pensare che un grosso cambiamento porti con se anche grossi pericoli: tra questi la solitudine e la possibilità di non stare più bene con le persone di cui adesso ci circondiamo, sono importanti aspetti su cui ragionare. Ogni persona che sta pianificando la propria personalissima fuga dalla schiavitù del lavoro e del denaro, dovrebbe chiedersi come sarebbero le proprie giornate e come cambierebbero i propri rapporti sociali.

Abbiamo pianificato una o più attività che possano riempire le nostre giornate, in grado di appagarci? Siamo sicuri che un hobby praticato per lungo tempo non perda di fascino? Le persone che ci circondano come giudicherebbero la nostra scelta? Siamo pronti ad accettare di perderle in cambio della tanto agognata libertà? Queste domande sono essenziali, trovare le riposte va considerato come un passo fondamentale da affrontare prima del grande salto finale, e le risposte  le troviamo solo dentro di noi.

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